Ucraina: verso un esito alla palestinese?

domenica 27 marzo 2022


Forse stiamo tutti dando troppo per scontato che la guerra russo-ucraina terminerà un bel giorno con un negoziato e magari con un trattato di pace che sancirebbe i rapporti di forza stabilitisi sul campo di battaglia tra una parte vincitrice e una parte perdente. C’è persino chi tifa per una o l’altra delle parti. Ma non è detto che quell’edificante scenario si realizzi. Quella guerra potrebbe non avere né un chiaro vincitore, né un vero termine. Potrebbe dare luogo ad una lunga occupazione russa di fatto di una parte del territorio ucraino, che resterebbe priva della sanzione di un accordo di pace. Il conflitto russo-ucraino diventerebbe così endemico per una lunga fase e potrebbe avere fasi alterne di varia intensità come avviene per quello israelo-palestinese.

Ci sono già stati diversi casi di guerre che non sono state mai concluse definitivamente da un trattato di pace e in cui i nuovi assetti politici e territoriali sono rimasti fattuali e non hanno mai ricevuto la sanzione giuridica di un trattato di pace. È stato questo il caso della “guerra dei sei giorni” del 1967 tra Israele da una parte e i Paesi arabi circostanti (Egitto, Siria e Giordania). Quella guerra non si concluse con dei trattati di pace e Israele ha continuato da allora fino ad oggi la sua occupazione di fatto della Cisgiordania e delle alture del Golan giustificata di fatto anche da ragioni di sicurezza. Solo con l’Egitto, dopo l’ulteriore guerra del Kippur del 1973, tra Israele e l’Egitto è stato concluso un trattato di pace ottenuto in cambio della restituzione del Sinai. Dal 1967 ad oggi, tra Israele da una parte e Siria e Giordania dall’altra, non è mai stato concluso un trattato di pace. Tra loro permane uno stato di conflitto di intensità variabile, dato che Siria e Giordania non hanno mai accettato la perdita di quei territori che, d’altra parte, non sono mai stati annessi ufficialmente da Israele.

Una situazione analoga potrebbe crearsi nel caso della guerra russo-ucraina. Tanto più che mentre la guerra dei sei giorni del 1967 vide una chiara vittoria militare di Israele sul campo di battaglia, la guerra russo-ucraina non sembra destinata a registrare un chiaro vincitore ed un chiaro perdente sul campo. È una di quelle guerre che nessuno dei due contendenti può mai né vincere, né perdere apertamente e chiaramente.

La Russia non può vincere chiaramente perché le forze che ha dispiegato sul terreno sono lontanissime da quelle che sarebbero necessarie e che dovrebbero essere almeno da tre a sei volte più consistenti, specie se si pensa all’energica resistenza e alla mobilitazione della (davvero eroica) popolazione ucraina.

D’altra parte la Russia del presidente Vladimir Putin non può nemmeno perdere chiaramente questa guerra perché la considera “vitale” e soprattutto perché è una superpotenza militare (e nucleare) che può elevare di molto e in pratica indefinitamente il livello e l’intensità del conflitto al riparo del suo deterrente nucleare. Mosca non potrà mai abbandonare la partita ritirando le sue truppe, come spera il presidente americano Joe Biden, che dal giorno del suo insediamento continua a riversare epiteti (“assassino”, “criminale di guerra”, “macellaio”) sul presidente russo, soffiando sul fuoco e puntando su una sua improbabile sconfitta militare o su una sua defenestrazione politica che non sembra alle viste. La Russia non può perdere apertamente questa guerra che – ripetiamolo – considera, a torto o a ragione, “vitale” anche perché può sempre minacciare di usare le armi nucleari tattiche, se la situazione sul campo di battaglia diventasse tanto sfavorevole da mettere a repentaglio il suo status di grande potenza, di Grande Russia e la stessa sopravvivenza della Federazione russa. Biden e chiunque speri in una sconfitta militare della Russia, sembra non essere cosciente di questa infernale possibilità.

Nemmeno l’Ucraina del presidente Volodymyr Zelenski può però perdere apertamente questa guerra. Non solo perché la mobilitazione della popolazione ucraina in armi esclude questa possibilità. Ma anche perché nessuno S tato potrebbe mai accettare esplicitamente – se non dopo una sconfitta in una guerra totale – le condizioni leonine poste da Mosca e cioè il riconoscimento di un’ampia amputazione del suo territorio orientale, il Donbass, la Crimea (oltre che la striscia di terra che li collega).

In sostanza i rapporti di forza anche internazionali, manifestatisi finora sul terreno, mostrano che nessuno dei due contendenti sia abbastanza forte per vincere la guerra tanto chiaramente da ottenere dall’altro un’ammissione esplicita o implicita di sconfitta. Si tratta quindi un conflitto che nessuno dei due contendenti può vincere, ma nemmeno perdere apertamente. È una classica situazione di stallo militare, politico e diplomatico che esclude la possibilità non solo di un vincitore e di un vinto, ma anche la possibilità di un trattato di pace conclusivo.

Di conseguenza l’esito più probabile del conflitto è che ad un certo punto, se e quando le forze militari russe avranno ottenuto un minimo soddisfacente di conquiste territoriali, la situazione militare sul campo si stabilizzerà. Ciò probabilmente avverrebbe se e quando i militari russi avessero raggiunto il vero obiettivo politico e strategico di Mosca rivelato tre giorni fa dal vicecapo di Stato maggiore, generale Sergei Rudskoi. Quest’ultimo lo ha indicato nella “liberazione” del Donbass su cui Mosca intende “concentrarsi” nella “fase due” dell’intervento. Mosca in sostanza mira a prendere stabilmente Mariupol e stabilizzare una continuità territoriale tra il Donbass e la Crimea.

Se e quando tutto questo avverrà Mosca potrà allora offrire un cessate il fuoco, in cambio di un ritiro delle forze russe dall’Ucraina occidentale che si concentrerebbero a difesa del Donbass. Ma si tratterebbe solo di una tregua perché da allora e per una lunga fase l’Ucraina orientale sarebbe in regime di occupazione di fatto russa. E tale occupazione sarebbe inaccettabile da Kiev e perciò stesso impossibile da sancire con un trattato di pace. Nemmeno l’Occidente e una buona parte della comunità internazionale potranno mai riconoscere quella occupazione di fatto. Il conflitto russo-ucraino resterebbe perciò aperto e diventerebbe endemico con diverse fasi alterne di acutizzazione e di attenuazione.

La questione russo-ucraina diventerebbe così un altro conflitto non solo locale, ma anche internazionale perennemente latente e di lungo periodo, che potrebbe avere fasi alterne di bassa, media e alta intensità. Proprio come avviene per quello israelo-palestinese che non sembra mai poter trovare una soluzione pacifica definitiva. Esistono conflitti che non hanno una soluzione diplomatica stabile e che sembrano avere la guerra come unica, ma provvisoria, illusoria e sciagurata soluzione.

 


di Lucio Leante