L’Italia, una Repubblica orgogliosa da esserne per una volta orgogliosi

giovedì 24 marzo 2022


Montecitorio, 22 marzo 2022, data storica. Volodymyr Zelensky parla in diretta da Kyiv, capitale dell’Ucraina assediata da Vladimir Putin. Deputati e senatori della Repubblica, non tutti purtroppo, sono convenuti in una irrituale seduta delle Camere riunite per ascoltare l’eroico presidente di una nazione eroica. Alle undici suona la campanella della chiamata dei parlamentari. Il presidente della Camera, Roberto Fico e la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati siedono ai loro seggi. Il presidente del Consiglio prende posto al banco del Governo. Scrosciano gli applausi da ogni settore dell’emiciclo. Il presidente della Camera dà il benvenuto a Zelensky. Gli esprime piena solidarietà in poche parole sentite, ma di circostanza, sebbene la circostanza sia tutt’altro che d’occasione. La presidente del Senato fa altrettanto con più parole buoniste.

Zelensky sottolinea in dettaglio i dati del macello perpetrato da Putin: i morti, le città distrutte, la pulizia etnica, i crimini di guerra d’ogni natura. Un’inimmaginabile e inqualificabile catastrofe di esseri umani e di cose materiali. Invoca aiuti, tutti i possibili. Ammonisce l’Europa. Ricorda che l’Ucraina ne è la porta. Se cedesse, Putin vi passerà attraverso per irrompere nel Vecchio Continente. Sanzioni sempre più dure sono indispensabili per bloccare l’invasione dell’esercito russo, per cercare d’indebolire il despota di Mosca e costringerlo alla pace. È in corso l’espulsione di milioni di ucraini dalla loro terra, specialmente donne e bambini, mentre gli uomini restano, resistono, combattono, in difesa e a fianco dei civili rimasti.

Alla fine dell’ammirevole appello fidente di Zelensky, parlamentari e ministri gli tributano l’onore dell’ovazione, in piedi per un minuto. Prende la parola il presidente del Consiglio, Mario Draghi, che si rivolge a tutti, citando l’ambasciatore dell’Ucraina presente in aula. Con eloquenza degna del momento e del luogo, il presidente Draghi elogia il presidente Zelensky con parole inequivocabili: il vostro popolo è diventato il vostro esercito; la resistenza del popolo ucraino è eroica; l’Ucraina non difende solo se stessa, ma anche l’ordine giuridico internazionale e la giustizia tra i popoli. Il presidente Draghi viene applaudito. E continua assicurando all’Ucraina, armi comprese, il sostegno convinto, pieno, incondizionato dell’Italia e degl’Italiani, che vogliono l’Ucraina nell’Unione europea, perché l’Ucraina, sottolinea Draghi, “ha il diritto di costituirsi e mantenersi libera, sicura, democratica”.

La cerimonia finisce. È stata commovente, nella necessaria sobrietà; ma non soltanto una cerimonia. Il Parlamento e il Governo hanno compiuto un qualificante atto politico che onora stavolta i parlamentari che vi hanno partecipato, incarnando i pilastri istituzionali della Repubblica. Oggi dobbiamo deporre critiche e mugugni contro “la politica”, pur conservandone il diritto. Oggi abbiamo il dovere di essere orgogliosi dell’ardua prova unitaria fornita in un momento cruciale per le sorti nostre e del mondo intero.


di Pietro Di Muccio de Quattro