In Ucraina è guerra culturale oltre che geopolitica

venerdì 18 marzo 2022


Sono ormai abbondanti i segnali che impongono di considerare la guerra della Russia di Vladimir Putin all’Ucraina come uno scontro culturale, oltre che geopolitico e strategico. Ultimo elemento in ordine di tempo sono state le dichiarazioni rese ieri durante la trasmissione “Dritto e Rovescio” su Rete4 dal politologo russo tradizionalista, Aleksandr Dugin, ritenuto “vicino” al presidente Putin. “È una guerra spirituale dei valori russi contro i valori occidentali moderni e postmoderni” ha detto Dugin, richiamandosi anche alle precedenti dichiarazioni del Patriarca ortodosso di Mosca contro le parate dell’orgoglio gay.

“La comunità gay può esistere – ha spiegato Dugin – ma il problema è il peccato, la norma, la norma della perversione, questo è un attacco ai nostri valori”. Il Patriarca Kirill nei giorni scorsi aveva citato le parate gay come un emblema del conflitto culturale tra ortodossia e Occidente e anche di quello russo-ucraino nel Donbass. Secondo Kirill, in Ucraina i fautori della cultura occidentale starebbero cercando di “imporre con la forza un peccato condannato dalla legge di Dio e, quindi, di imporre con la forza alle persone la negazione di Dio e della sua verità”. Lo stesso Patriarca ha poi definito come “metafisica” la guerra in corso in Ucraina. Putin, in un suo discorso precedente all’intervento militare russo, aveva detto: “L’Ucraina è una parte inalienabile della nostra storia, cultura e spazio spirituale”.

Sempre Putin ha pronunciato ieri una vera invettiva contro i nemici interni (russi ed ucraini) che preferiscono l’Occidente alla Santa Madre Russia e che “tradiscono” quest’ultima per beni di consumo, “ostriche, foie gras e libertà di gender”. La coscienza laica occidentale, da tempo secolarizzata, non comprende più cosa possa indicare l’espressione “spazio spirituale” e considera irrazionali e sorpassati gli scontri culturali. Secondo i nostri schemi mentali contano solo gli interessi economici e gli scontri di potere o, al massimo, le ideologie.

Eppure, tutto lascia pensare che dietro le motivazioni geopolitiche, economiche, politiche e ideologiche possano nascondersi anche nella guerra russo-ucraina in corso motivazioni culturali e spirituali e che queste possano ancora spingere gli uomini, addirittura, a prendere le armi in loro nome. Un po’ come avvenne, fatte le debite differenze, nell’Europa delle guerre di religione del XVI e XVII secolo. È una tendenza che si è già manifestata con la ripresa dello scontro culturale tra Islam e Occidente degli ultimi decenni e nella stessa guerra in Jugoslavia dove molti si sono contrapposti anche in quanto ortodossi (serbi) cattolici (croati) e musulmani (bosniaci). In Ucraina sta andando in scena, accanto a un conflitto geopolitico e strategico (scatenato dalla possibile adesione alla Nato), una guerra culturale tra la tradizione russo-ortodossa e quella dell’Occidente secolarizzato, scristianizzato, consumista ed edonista; e in ultima analisi individualista. Il tradizionalismo russo percepisce queste tendenze come una aggressione culturale, una specie di “peste occidentale” portatrice di “nichilismo gaio”, di inversione dei valori, spaesamento e insensatezza. Esso percepisce, perciò, gli attuali dirigenti ucraini come blasfemi traditori, che stanno compiendo una secessione dalla mitica comunità originaria chiamata Santa Madre Russia che, tutto sommato, anche il bolscevismo aveva salvaguardato con il suo solidarismo sociale (anche se più presunto e declamato che reale).

La guerra russo-ucraina deve perciò essere vista anche come anche una reazione della tradizione, della comunità originaria alla rivoluzione culturale rappresentata da quello che viene chiamato “universalismo atomizzante” della modernità distruttore di valori tradizionali e portatore di solitudine e disorientamento esistenziale. Se è vero, come crediamo, che il conflitto russo-ucraino nasconde una guerra culturale tra una cultura mistico-religiosa come l’ortodossia russa e l’Occidente laico e scristianizzato, dobbiamo trarne la desolante conclusione che si tratta di un conflitto di non facile e non rapida soluzione, anche perché esso divide ormai la società russa secondo una linea di faglia che è anche generazionale.


di Lucio Leante