La politica ai politici

venerdì 18 marzo 2022


Il secondo comma dell’articolo 1 della Carta costituzionale stabilisce che “la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Qual è la sovranità del popolo, se in Italia l’ultimo presidente del Consiglio dei ministri realmente espressione del voto popolare è stato Silvio Berlusconi? Le forme e i limiti della sovranità chi li stabilisce? Per quale ragione?

È ormai prassi consolidata che il presidente della Repubblica, prima di sciogliere le Camere, debba esperire ogni tentativo per formare il Governo. Non importa se il “popolo sovrano” con le elezioni politiche generali abbia dato una indicazione diversa. Non esiste al mondo un altro Paese democratico che affida la massima espressione del potere politico, il potere esecutivo, a un non eletto. Nelle Repubbliche presidenziali, semi-presidenziali e dove vige il premierato, il potere esecutivo è sempre affidato al leader politico che ha vinto le elezioni. Nelle Repubbliche parlamentari, i Paesi democratici affidano l’incarico di formare il Governo al leader politico del partito o della coalizione che ha ottenuto la maggioranza assoluta o relativa dei voti espressi dagli elettori.

Nello Stato di Israele, unica democrazia del Medio Oriente, il presidente della Repubblica affida l’incarico di formare il Governo, per primo, al leader del partito che ha ottenuto più voti popolari. Se non riesce a coalizzare una maggioranza, affida l’incarico al leader del partito che si è classificato al secondo posto. Se anch’egli non riesce a formare il Governo, il presidente indice nuove elezioni politiche generali.

In Italia c’è sempre un motivo, vero o presunto, per non votare. Il sostantivo chiave è “emergenza” che impone a tutti i costi la formazione di un Governo. In Italia non si è potuto votare, perché c’è stata l’emergenza pandemica, poi emergenza legata al Pnrr. C’è sempre un valido motivo per non far esprimere gli elettori, magari perché i risultati prevedibili in quel momento sono favorevoli alla coalizione di centrodestra.

Ricordo la caduta dell’ultimo Governo Berlusconi. Con il presidente Giorgio Napolitano, in accordo con la Germania di Angela Merkel e la Francia di Nicolas Sarkozy, venne sfruttata la crisi dei tassi legati allo spread sui titoli di Stato italiani. Un’operazione finanziaria ben orchestrata con il supporto di banche tedesche che, senza un’apparente motivazione, vendettero i Btp che avevano in portafoglio, causando l’impennata dei tassi che costrinse alle dimissioni Silvio Berlusconi. L’operazione politica creò le condizioni per la chiamata al Governo del professor Mario Monti. Per il “sacrificio”, il presidente Napolitano lo premiò, prima dell’incarico, con la nomina di senatore a vita. Fu subito considerato il salvatore della Patria dalla stampa italiana chiaramente ostile al Cavaliere. Da super-tecnico ebbe subito la straordinaria intuizione di incrementare l’imposizione fiscale sugli immobili, creando le condizioni di una forte riduzione del loro valore degli immobili, impoverendo gli italiani. Riformò le pensioni con la cosiddetta legge Fornero che buttò nella disperazione una moltitudine di persone (gli esodati) che si videro differire l’agognata pensione.

Il professor Giuseppe Conte – auto proclamato avvocato del popolo – è stato catapultato alla carica di presidente del Consiglio dei ministri senza alcuna esperienza politica. In ultimo, il professor Mario Draghi nominato, a furor di popolo, come il super-tecnico che avrebbe risolto in poco tempo, con la sua straordinaria competenza e relazioni internazionali, tutti i problemi dell’Italia e degli italiani. La realtà è che il Belpaese è cresciuto quando è stato governato dai politici che godevano del mandato popolare. Politici che, se non attuano il programma di Governo prospettato agli elettori, vengono puniti nelle urne. Torniamo al più presto alla politica fatta da professionisti. Il professor Mario Monti è senatore a vita e quindi, vita natural durante, non avrà bisogno di consenso popolare. Per quanto riguarda il presidente Draghi, “il lavoro se lo trova da solo”.


di Antonio Giuseppe Di Natale