Il Patriarca Kirill e il nichilismo gaio occidentale

martedì 15 marzo 2022


Si può legittimamente irridere alla maldestra omelia con la quale il Patriarca ortodosso di Mosca, Kirill, ha in sostanza giustificato sul piano religioso l’intervento russo in Ucraina. Quel sermone conferma il vecchio collateralismo nazional-patriottico della Chiesa ortodossa rispetto al potere politico e non è stato apprezzato da tutti i Patriarchi ortodossi. Tuttavia, esso è un documento che mostra aspetti non secondari della dimensione anche cultural-religiosa della guerra russo-ucraina. Quest’ultima rappresenta pure un conflitto tra la cultura russa ortodossa e l’Occidente scristianizzato consumista ed edonista, il quale – secondo Kirill – si sarebbe impossessato dei cuori ucraini.

Kirill ha detto che da otto anni in Ucraina, e in particolare nel Donbass, si confrontano la cultura occidentale e la cultura russa locale. Quest’ultima rifiuterebbe “i valori che oggi vengono offerti da chi rivendica il potere mondiale”, cioè dall’Occidente. L’aspetto più singolare del sermone di Kirill è l’importanza che assegna alle parate gay, di cui fa addirittura un emblema della cultura occidentale contemporanea. Kirill, infatti, ha dichiarato: “Oggi esiste un test per la lealtà a questo potere (occidentale, ndr), una specie di passaggio a quel mondo “felice”, il mondo del consumo eccessivo, il mondo della “libertà” visibile. Sapete cos’è questo test? È molto semplice e allo stesso tempo terribile: è una parata gay”. C’è evidentemente molta enfasi propagandistica nelle parole del Patriarca. Le parate gay non possono essere prese a emblema sinottico della cultura occidentale. Ma è significativo che esse vengano percepite e presentate come tali dalla più alta carica della religiosità ortodossa, che ne fa addirittura il centro del conflitto culturale tra ortodossia e Occidente e anche di quello russo-ucraino nel Donbass.

“Le persone resistono a queste richieste e questa resistenza viene repressa con la forza. Ciò significa che si tratta di imporre con la forza un peccato condannato dalla legge di Dio e, quindi, di imporre con la forza alle persone la negazione di Dio e della sua verità” ha affermato il Patriarca di Mosca, che perciò ha definito addirittura come “metafisica” la guerra in corso in Ucraina. La coscienza laica non può che sorridere a questa enfasi pastorale di Kirill. Tuttavia, bisogna tenere conto del fatto che l’esaltazione dell’orgoglio sia omosessuale che queer o transessuale, presentati in Occidente come modelli di pari dignità rispetto a quelli tradizionali, vengono percepiti fuori dall’Occidente come un blasfemo e incomprensibile attacco alla famiglia naturale, considerata un valore sacro in tutte le civiltà del mondo, oltre che una negazione della tradizione, dell’ordine naturale delle cose, della biologia e del buon senso. Il filosofo cattolico Augusto Del Noce definì “nichilismo gaio” questa tendenza edonista e trasgressivista occidentale.

Il Patriarca russo Kirill, nel suo sermone, rimprovera in sostanza agli ucraini di avere abbandonato, in nome delle seduzioni del nichilismo gaio occidentale, l’alveo comune della “Santa madre Russia”, dea-madre soccorritrice nel cui grembo si celebra la fraternità solidarista della comunità originaria, la Rus’. È questo mitico solidarismo originario, rinnovatosi al tempo della conversione al Cristianesimo nella Kiev del X secolo, quel che si chiama “anima russa”. Un’anima arcaica reincarnatasi nel Cristianesimo dell’amore fraterno universale, che si manifesta ancor oggi soprattutto con un disprezzo solidarista per l’individualismo “egoista”, con un nostalgico e latente desiderio di ritorno alla dimensione sacrale e solidale della comunità originaria.

Il contagio individualista e desacralizzatore è, tuttavia, inarrestabile. Non solo gli ucraini ma anche molti russi, specie i giovani, ne sono ormai irreversibilmente contagiati e sedotti, come avviene comprensibilmente in tutto il mondo. È la vittoria della modernità occidentale su tutte le forme culturali premoderne. L’appello di Kirill, anche se può trovare qualche giustificazione negli eccessi del “nichilismo gaio” occidentale, non trova terreno fertile tra i giovani russi e ucraini, anche perché viene associato dallo stesso Kirill alla guerra, cioè a una difesa della tradizione sacra con la violenza bellica, ormai da considerarsi un mezzo inaccettabile – inutile e orribile – anche se attuata in difesa di valori sacri.


di Lucio Leante