Putin, un enigma con componenti anche religiose?

martedì 1 marzo 2022


“La Russia è un rebus avvolto in un mistero all’interno di un enigma” diceva Winston Churchill. La stessa cosa può dirsi di Vladimir Putin. La sua decisione di invadere l’Ucraina è un enigma. È difficile, infatti, trovare una coerente logica politica nella sua decisione. Le spiegazioni razionali non chiariscono tutto. Certo, ha pesato senz’altro la sordità dei leader occidentali alle richieste russe di vedere prese in seria considerazione le esigenze di tutela della Russia e di vedersi inclusa in un sistema europeo di sicurezza collettiva. Questa sordità si è aggiunta alla trentennale indifferenza dell’Occidente rispetto alle ripetute proteste russe verso l’espansione a Est della Nato. Puntualmente Mosca ha ingoiato il rospo, avvertendo però ogni volta “ma l’Ucraina no!”. In più, per un lungo periodo successivo alla scomparsa dell’Urss, Mosca ha visto sistematicamente ricambiate con atti di ostilità (come, tra l’altro, l’appoggio americano ai ribelli ceceni) i suoi gesti di amicizia (come la concessione agli americani delle basi russe in Tagikistan dopo l’11 settembre del 2001).

Quasi tutti i presidenti americani hanno sempre dipinto la Russia come il nemico numero uno dell’Occidente e hanno cercato di danneggiarla e umiliarla in tutti i modi. E la Russia – come ha osservato Sergio Romano – forse si è vista obbligata a giocare il ruolo internazionale, quello del nemico, che gli Usa le assegnavano. Tuttavia, nonostante tutto questo, la decisione di Putin di invadere l’Ucraina non risponde a nessun criterio di razionalità. È giunta improvvisa, quando egli era sul punto di ottenere una cancellazione implicita e di fatto della prospettiva di un ingresso dell’Ucraina nella Nato. È stata una decisione che ha creato un isolamento internazionale della Russia e l’allontanamento, forse definitivo, degli obiettivi di Mosca.

Molti commentatori (anche russi) parlano perciò di un Putin “irriconoscibile” e “insolitamente irrazionale”. Alcuni attribuiscono questa irrazionalità alla sua salute psichica che potrebbe essere stata messa – dicono – a dura prova da due anni di eccessivo isolamento per timore del contagio pandemico. Si spera che non sia così. Altri ascrivono la stessa irrazionalità anche a una sua visione religiosa della storia russa e dei rapporti russo-ucraini. Lo fa pensare, in particolare, l’espressione “spazio spirituale” contenuta nel suo recente discorso: “L’Ucraina è una parte inalienabile della nostra storia, cultura e spazio spirituale”. La mentalità laica occidentale non capisce oggi di cosa Putin stia parlando e lo considera il discorso di un matto.

La passione di Putin per la religione è stata spesso notata dagli osservatori e non sembra una semplice ostentazione interessata. Putin ha restituito alla chiesa ortodossa russa il prestigio e lo splendore di un tempo. Durante un suo recente pellegrinaggio all’isola di Solovki (famosa sia per il suo monastero, sia per i suoi campi di lavoro forzato) Putin ha auspicato il ritorno della Russia “alla sorgente del Cristianesimo”. Putin negli anni ha promosso e seguito da vicino la ricostruzione di circa 23mila chiese, che erano state distrutte o cadute in disuso durante il comunismo e compie spesso tour spirituali nei monasteri e chiese, tra cui quello di Tuvkhun, dove rende omaggio a una delle icone più venerate della Russia, o la chiesetta di Turginovo dove furono battezzati i suoi genitori. Egli si è recato personalmente due volte sul Monte Athos in Grecia, dove ha investito parecchi soldi per restauri di tesori mistici e materiali. Putin, inoltre, ha fatto portare un frammento di una costola di San Nicola da Bari alla cattedrale di Cristo Salvatore di Mosca.

Insomma, esistono varie ragioni per pensare che Putin nel prendere la sua decisione di invadere l’Ucraina possa essere stato mosso anche da uno stato d’animo influenzato da turbamenti religiosi che potrebbe contribuire a spiegare la sua irrazionalità. Pochi giorni fa lo storico Jean-François Colosimo, esperto della Russia, in un’intervista apparsa nei giorni scorsi suLe Figaro ha spiegato la decisione del presidente della Federazione Russa con il fatto che “Kiev è il luogo del battesimo di tutte le Russie e l’oggetto cruciale della crociata politico-religiosa che anima la riconquista di Putin”. In ogni caso, quali che siano state le motivazioni di Putin, la sua decisione di invadere l’Ucraina sembra destinata a portarlo all’isolamento sia fuori, sia dentro la Russia. Qui la sua decisione è destinata a raccogliere i consensi dei nazionalisti, specie tra le generazioni anziane; ma anche i forti dissensi di quella consistente parte della popolazione russa che ha legami familiari, amicali e di lavoro con gli ucraini.

Le nuove generazioni russe e ucraine considerano obsolete le motivazioni nazional-religiose. La generalità delle persone del mondo, qualunque siano le cause, ritiene l’azione militare di Putin una reviviscenza di mezzi brutali e irrazionali che, almeno in Europa, devono restare sepolti nel passato.


di Lucio Leante