Il percorso in discesa dell’Occidente

martedì 1 marzo 2022


Ogni anno il think tank americano, The Heritage Foundation con sede a Washington Dc, pubblica a livello internazionale l’Index of Economic Freedom, un’indagine annuale su 161 nazioni che misura la democrazia secondo quattro criteri: Stato di diritto (diritti di proprietà, integrità della politica); dimensione del Governo (tassazione, dimensione della spesa pubblica); efficienza regolamentativa (libertà economica, legislazione sul lavoro); mercati (libertà commerciale e finanziaria). A seconda del grado di democrazia, i Paesi sono collocati in una delle sei sezioni: liberi, quasi liberi, moderatamente liberi, per lo più non liberi, senza libertà e non classificati.

Ad esempio, i Paesi più liberi secondo Heritage, collocati nella prima sezione, sarebbero: Singapore, Svizzera, Irlanda, Nuova Zelanda. Presenti nella sezione dei Paesi quasi liberi, il che non sorprende, sono Stati Uniti e Italia, rispettivamente al 25esimo e al 57esimo posto e, pertanto, ritenute democrazie incomplete. In sintesi, il sondaggio afferma che oltre un terzo della popolazione mondiale vive sotto un Governo autoritario e solo il 6,4 per cento godrebbe della “piena democrazia”. Questi risultati riflettono l’impatto negativo della pandemia da Covid-19 sulla democrazia e la libertà nel mondo per due anni consecutivi. La pandemia, infatti, ha portato a un ritiro senza precedenti delle libertà civili attraverso l’imposizione di lockdown, restrizioni agli spostamenti e l’introduzione di passaporti di vaccinazione per la partecipazione alla vita pubblica.

Il sondaggio, che rileva ciò che ha danneggiato le libertà democratiche, non poteva però tener conto dell’intera portata di ciò che sta accadendo con la “normalizzazione” dei poteri di emergenza per abituare i cittadini all’estensione del potere statale su vaste aree della vita pubblica e personale, aggravando le tendenze pre-pandemiche che erano già al lavoro per creare tecnocrazie autoritarie e fonderle in un Governo mondiale. Nel corso dell’ultimo secolo, infatti, la portata dello Stato si è spostata da un livello locale, nazionale, a un livello internazionale per porre fine alle guerre… e risolvere la crisi climatica. Insomma, la governance globale come soluzione a ogni disastro. Ecco, in breve, in cosa consiste il concetto di globalismo.

Tornando all’Index, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Austria non dovrebbero essere classificate come democrazie ma come Paesi autoritari per le posizioni estreme sulle restrizioni Covid e relative varianti. L’Australia, al 12esimo posto, ha addirittura costruito campi di quarantena tenendo in ostaggio i propri cittadini, mentre il Canada, al 15esimo posto, ha usato i poteri del primo ministro per congelare i conti bancari e vietare il diritto di protesta. Come possono Paesi che limitano il movimento dei loro cittadini, che costringono a iniettare sostanze sperimentali nei loro corpi, che sequestrano i conti bancari, essere considerati democrazie? Come può essere considerato democratico l’intero Occidente che, con la scusa di una pandemia, non ha permesso al proprio elettorato di votare la transizione ecologica dell’industria per “ricostruirla meglio” (build back better) secondo i dettami dell’Agenda 2030 che assomigliano ai piani sovietici del secolo scorso?

La realtà è molto peggiore di quella fotografata dalla Fondazione Heritage. Non c’è davvero nessuna democrazia dove andare per essere al sicuro, ci sono solo alcune situazioni migliori di altre. I cosiddetti Paesi del gruppo occidentale – Stati Uniti, Gran Bretagna, Australia, Nuova Zelanda e Canada – un tempo principali bastioni della civiltà occidentale, l’unica civiltà in assoluto a considerare la libertà personale un ideale, sono proprio loro a guidare a ritmo rapido il percorso in discesa, economicamente, politicamente e culturalmente.

Storicamente, quando una crisi prende forma, i politici dichiarano uno “stato di emergenza”, che consente loro di agire in modi normalmente non consentiti. Questa tattica è stata utilizzata più e più volte per giustificare ogni tipo di azione del Governo, dalla guerra interna alla popolazione nella forma di rimozione dei diritti individuali, a quella esterna verso altri Paesi. La guerra esterna è sempre stata una distrazione, creando un nemico esterno su cui far ricadere la responsabilità per i propri problemi interni. Più l’economia e la società si deteriorano, più si sente parlare di guerra. Dopo la Seconda guerra mondiale Winston Churchill disse: “Non lasciare mai che una buona crisi vada sprecata”. Fu allora che lui e altri leader si unirono per formare (purtroppo) le Nazioni Unite, che probabilmente non sarebbero mai nate senza la crisi bellica. Da allora, sembra che ogni nuova crisi provochi una ulteriore centralizzazione del potere globale. La guerra al terrorismo prima, poi l’isteria pandemica e la cosiddetta crisi climatica per coprire la bancarotta globale, hanno tutte accelerato la centralizzazione del potere che porterà a una catastrofe economica, al caos politico e a un turbamento sociale e demografico, mentre i politici vedranno sempre la guerra come un modo per tenere unito il proprio Paese, uscire dall’impasse e mantenere il potere. Mentre l’Occidente continua a scivolare inesorabilmente verso l’abisso, la sua gente continua a non vedere il vero nemico: il Governo.


di Gerardo Coco