Se io fossi Maria Cristina Messa

mercoledì 16 febbraio 2022


Se io fossi Maria Cristina Messa, per prima cosa diramerei ogni ora un comunicato che spieghi al pubblico italiano, agli elettori, chi io sia. Infatti sono la ministra dell’Università e della Ricerca scientifica, nientemeno, eppure risulto di fatto sconosciuta ai più. Sarà perché parlo poco e mi mostro meno, che poi sarebbero delle virtù, ma resta che la mia imponente opera riformatrice non viene considerata dai media. Mi correggo, ha generato una vasta eco il cambiamento del modo di reclutare gli studenti di Medicina. Gli aspiranti hanno apprezzato che potranno già dal quarto anno delle superiori indirizzarsi spiritualmente e materialmente verso le facoltà mediche. Il metodo nuovo, allungando il cammino, avvicina tuttavia la meta. Gli aspiranti dottori avranno molto tempo per prepararsi e maggiori possibilità di muoversi nelle pieghe della lunga procedura. Potranno raggiungere il traguardo avanzando lungo la via mediante prove ed errori.

D’altra parte, senza essersi consultato con me, il mio collega minore, ministro dell’Istruzione, sembra entrato in sintonia con le mie visioni. Constato con soddisfazione, infatti, che avrebbe intenzione di lubrificare l’esame di maturità in modo che, per superarlo, le poche difficoltà del passato scivolino via senza attriti ed apprensioni. I maturandi hanno tutto il diritto di contestare e scioperare. È sacrosanto il rifiuto dell’arcaica prova scritta. Siamo in tempi di scrittura elettronica e cultura virtuale, santo Iddio! Vergare un foglio bianco impugnando la penna costituisce nozionismo scritturale. La nuova maturità va conformandosi anche all’economicismo governativo: il 50 per cento dell’esame sarà in contante; l’altro 50 per cento sarà a credito.

Considerando la manifesta consonanza ideale tra il ministro minore e me, la ministra maggiore, ho divisato di abboccarmi seco lui per concordare la più rivoluzionaria innovazione nelle istituzioni scolastiche ed accademiche. Sono certa che egli condividerà la mia idea e firmerà con me la legge che rivolterà le superiori e le università, ponendole all’avanguardia del processo di decrescita culturale e transizione educativa.

La mia idea è semplice e luminosa, da attuare con una legge di pochi articoli che sostituisca l’imponente e farraginoso corpus normativo attuale. Al compimento del diciottesimo anno, i discenti riceveranno senza indugio, ope legis, il diploma di maturità a prescindere dagli studi effettuati e dagli apprendimenti conseguiti. Parimenti ope legis al compimento del ventunesimo anno i così maturati riceveranno a casa un questionario in cui sono spiegati la natura e i benefici di ciascuna laurea rilasciata dalle università italiane. I maturati avranno un anno di tempo per decidersi a scegliere la laurea preferita. Non il corso di laurea, no, il diploma di laurea che sopperisce d’autorità ad ogni conoscenza dello specifico insegnamento. Allo scoccare dei ventidue anni la pergamena sarà recapitata a casa del neolaureato con plico assicurato. Se un interpellato omettesse di comunicare la laurea prescelta, gliene verrà spedita una estratta a sorte da un notaio.

Come ognuno vede, il mio progetto è assolutamente rispettoso dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e conferma il rigoroso valore legale dei titoli di studio. Inoltre scongiura le pur minime contrarietà che possano turbare i laureandi e pregiudicarne il sereno passaggio da puer a vir.


di Pietro Di Muccio de Quattro