Aspettando la strega Gandalfa

domenica 13 febbraio 2022


“Regista, ti prego, fammi un elfo nero”. Si potrebbe modificare in questa maniera il testo della canzone di Fausto Leali, Pittore ti voglio parlare di qualche anno fa. Erano altri tempi, forse antecedenti anche alla moda “coloured” dei film americani tipo Shaft e dunque il problema razziale dei “Black Panther” poteva essere giustamente sentito, soprattutto negli Stati Uniti d’America. Tanto che poi persino la “casa delle idee”, la Marvel Comics di quel genio di Stan Lee, ci diede proprio uno degli eroi più iconici del mondo afro, quel T’Challa figlio di T’Chaka, re figlio di re e sovrano dell’avanzatissimo – e immensamente ricco – regno di Wakanda. Ma ancora non erano giunti i tempi nefasti del “Politically correct” protratto ad oltranza ovunque e allora neanche la Marvel si sarebbe mai sognata di darci un asgardiano, anzi due, di colore. Avevano ancora un limite, avevano ancora una decenza. Oggi non più e dopo un Achille nero – con buona pace di Omero che lo descrive biondo e dagli occhi azzurri – alla faccia di tutta la narrativa bretone abbiamo avuto un Artù e una Ginevra decisamente afro. Ora è il turno di J.R.R. Tolkien e del suo Il Signore degli anelli in versione televisiva.

E quindi perché non metterci un elfo dai tratti somatici afroamericani e anche degli hobbit come lui? In realtà, nulla di nuovo. Già in qualche film fantasy del passato, da dimenticare e infatti dimenticato, qualcuno aveva aggiunto orecchie posticce a punta su un attore di colore per farci un elfo. O forse era un elfo femmina? Non ricordo più, sarà l’età o forse – più probabile – ho rimosso lo squallore. Ovviamente adesso qualcuno si straccerà le vesti attribuendomi patenti di razzista, fascista e quant’altro, ma la cosa non mi tange né poco né punto. Un elfo “nero” e intendo con questo non di colore “nero” ma di etnia afro, è e resta un’assurdità, un controsenso e anche una mistificazione voluta e senza scusanti. Creature appartenenti alla mitologia norrena o comunque nordica in generale, non possono avere sembianze africane così come un Ifrit o un Jinn o un Ghoul non potrebbero mai essere biondi e dalla carnagione chiara.

Lasciamo che ogni cultura, che ogni tradizione, che ogni Paese e mondo, salvaguardino e mantengano intatta la propria identità. Sì certo, le contaminazioni esistono e sono sempre esistite, infatti per i nativi dell’Africa, i “demoni” sono bianchi, ma questo non vuol dire sovvertire, snaturare, violentare e corrompere la realtà anche immaginativa. Senza contare poi l’assoluta mancanza di rispetto nei confronti dell’autore, in questo caso di Tolkien, che di certo non avrebbe gradito. E se aver modificato in donna e di colore appunto, un personaggio maschile e presumibilmente caucasico come Liet Kynes in Dune di Frank Herbert, nel film di Denis Villeneuve, lo trovo tutto sommato un peccato veniale che potrebbe anche avere delle sue ragioni non soltanto dovute all’imposizione politicamente corretta di Hollywood, nel caso del nuovo Signore degli anelli nulla esiste che giustifichi una simile scelta.

Comunque, di là da tutte queste considerazioni e rimostranze personali, fortunatamente restano i libri che non possono essere cambiati, dove Gandalf è ancora di sesso maschile e Galadriel ha il suo incarnato lunare, non per razzismo etnico e superiorità della razza, ma per cultura. Quella cosa che ormai in questo tanto agognato Nuovo millennio che tesse le lodi della macchina e del Metaverso ogni giorno di più è cosa sempre più negletta e dimenticata, anche, anzi soprattutto da coloro che continuano a riempirsene la bocca e i fogli.

 


di Dalmazio Frau