Giornata del Ricordo, non per tutti

giovedì 10 febbraio 2022


In occasione della Giornata dedicata al Ricordo delle vittime delle Foibe è triste e doloroso sapere che un rettore di Università celebri l’evento con un convegno dal titolo “Uso politico della memoria e revanscismo fascista: la Genesi del Ricordo”. Come la pensasse in merito il telegenico intellettuale Tomaso Montanari ce lo aveva già spiegato qualche mese fa, in un articolo con cui criticava la legge che ha istituito la Giornata del Ricordo, in particolare lamentando la presunta equiparazione dei massacri delle Foibe con la Shoah e arrivando addirittura a supporre “falsificazioni storiche” sull’evento. In quell’articolo si riportava tra l’altro il pensiero di un altro intellettuale, tale Angelo d’Orsi, per il quale molte vittime delle Foibe furono giustiziate poiché, a loro volta, si erano macchiate di crimini verso le popolazioni locali, facendo trasparire una sorta di giustificazione per gli autori dei crimini.

Scorrendo i commenti su vari “social”, si era poi potuto constatare che molti intervenuti erano convinti che i criminali titini avessero agito nel giusto, perché le vittime degli eccidi erano fascisti e nazisti, con l’aggravante che nessun intellettuale si era premurato di prendere le distanze dall’aberrante riflessione. Speravamo che un rettore di Università, con la responsabilità educativa di tanti giovani, non desse l’idea di abbracciare l’ipotesi giustificativa di quei barbari sostenitori del “tanto erano fascisti o nazisti” che ci porterebbe indietro di secoli di civiltà giuridica, ma purtroppo il Montanari non riesce proprio a convincersi che il crimine è crimine, a prescindere che a commetterlo sia stato un comunista titino o un fascista. Non riesce a convincersi neppure di fronte al fatto che vittime di quegli eccidi non erano solo odiati nemici ma anche carabinieri, finanzieri, sacerdoti, tanti civili, gente comune.

Tratto dagli archivi dell’Arma vediamo un esempio di come agivano coloro che per l’eminente storico sono frutto di “revanscismo fascista”. Il 23 marzo 1945 i partigiani presero in ostaggio un sottuffficiale dei carabinieri e con uno stratagemma entrarono nella caserma dove alloggiava insieme ad altri undici militari. I dodici militari colti di sorpresa furono neutralizzati e trasferiti in un fienile, dove fu loro servito un pasto nel quale era stata iniettata soda caustica. Affamati, mangiarono quanto gli era stato servito ma, dopo poco, furono colti da atroci dolori e la loro agonia si protrasse per ore fra urla e implorazioni raccapriccianti e tremende. In quelle condizioni i carabinieri Pasquale Ruggiero, Domenico Del Vecchio, Lino Bertogli, Antonio Ferro, Adelmino Zilio, Fernando Ferretti, Ridolfo Calzi, Pietro Tognazzo, Michele Castellano, Primo Amenici, Attilio Franzon, quasi tutti ventenni e solo colpevoli di essere stati impiegati di guardia a una centrale, furono costretti a marciare fra inesorabili e inenarrabili sofferenze fino a Malga Bala, ove li attendeva una fine orribile. Spogliati, ad alcuni venne conficcato un legno ad uncino nel nervo posteriore del calcagno ed issati a testa in giù, legati ad una trave, per poi finire incaprettati. A quel punto, i partigiani cominciarono a colpire tutti con i picconi: a qualcuno vennero asportati i genitali e conficcati in bocca, a qualche altro fu aperto a picconate il cuore o frantumati gli occhi. La mattanza come da usanza terminava con i corpi dei malcapitati legati col fil di ferro e trascinati come bestie in una foiba.

Uno dei responsabili di queste procedure molto comuni era tale Nerino Gobbo, conosciuto come il comandanteGino”, con l’incarico di commissario del popolo delle milizie comuniste di Tito, che con il IX Corpus avevano occupato Trieste il primo maggio 1945. Gli scettici potranno appurare i fatti, acquisendo la sentenza del 17 gennaio 1948 della Corte d’Assise di Trieste, dove Gobbo fu condannato in contumacia a 26 anni di reclusione, purtroppo mai scontati poiché fuggito in Jugoslavia, con tanto di pensione che lo Stato italiano maldestramente gli elargì.

Intellettuali influenti dovrebbero insegnare e divulgare che anche da immani tragedie come quella delle Foibe la Comunità internazionale, quella non legata a dinamiche fascismo-antifascismo, ha generato Convenzioni internazionali di Diritto umanitario per tutelare i prigionieri e le persone deboli ma soprattutto per salvaguardare il principale dei diritti, quello alla vita, sia essa di un fascista che di un pericoloso terrorista che di un criminale comune responsabile dei più odiosi reati. Intellettuali influenti devono essere consapevoli che vivono in un Paese ove nel 1999 è stato firmato lo Statuto con cui è stata istituita la Corte internazionale penale, per punire i responsabili di crimini di guerra e contro l’umanità. Nel preambolo viene richiamata l’eredità condivisa scaturente dalle culture dei popoli della terra e ricordato che nel secolo scorso gravissimi crimini hanno colpito milioni di persone – donne e bambini – rendendole vittime di inimmaginabili atrocità. Non vengono fatte distinzioni sulla matrice, la civiltà giuridica è riuscita a fare questo passo.

Chi nel 2022 parla ancora di “revanscismo fascista” nel ricordare una delle più immani tragedie, forse, è rimasto un po indietro nei tempi.


di Ferdinando Fedi