Cop26: a Glasgow in scena un nuovo Sessantotto ecologista anti-occidentale

sabato 13 novembre 2021


Al Cop26 di Glasgow è andato in scena in questi giorni un nuovo Sessantotto in salsa ecologista. Mentre martedì vi si svolgeva la manifestazione dei 100mila, in contemporanea in tutto il mondo si sono tenute manifestazioni, che hanno raccolto milioni di persone. Erano soprattutto giovani, ma non mancavano più attempati giovanilisti. Non hanno chiesto – come nel 1968 – la “rivoluzione globalecomunista, ma un “cambiamento globale” nelle politiche energetiche che avrebbe effetti distruttivi analoghi. Per l’esattezza, hanno chiesto di “chiudere l’industria dei fossili entro il 2030”, cioè in soli 8 anni. Ciò equivale ad un “assalto al cielo” che ricorda la rivoluzione culturale cinese e provocherebbe, soprattutto in Occidente, un rallentamento della crescita, perdita di competitività e di stagnazione. Affermano di voler salvare il mondo dalla catastrofe climatica proprio come nel 1968 lo si voleva salvare dalla presunta catastrofe umana e sociale dell’inferno capitalista. Nel nuovo ’68 l’ambientalismo ha sostituito il comunismo come religione laica anti-occidentale.

Oggi, come nel 1968, imputati diretti sono i padri che starebbero “rubando il futuro ai figli” ma, oggi come allora, il vero imputato è il “padre Occidente”, il suo modello economico e sociale, in pratica l’uomo bianco occidentale. La “proposta” dello Youth4Climate di “cancellare l’industria dei fossili entro il 2030” significherebbe, infatti, non solo cambiare le fonti energetiche negli impianti di energia, ma anche costringere a costosissime riconversioni le principali filiere industriali: quelle della plastica e dei nuovi materiali, l’industria farmaceutica, quella del cemento e delle costruzioni, della metallurgia e della siderurgia, del tessile e della chimica, l’agricoltura e l’industria alimentare, l’industria cosmetica e dell’igiene personale, e molto altro.

Si parla di un “cambiamento globale”, ma in realtà si ha di mira solo il mondo occidentale. Quest’ultimo – hanno ripetuto fino alla noia gli ideologi fanatici dell’Apocalisse – “ha sfruttato e rapinato per due secoli le risorse del pianeta, portandolo sull’orlo della catastrofe. Non sarebbe giusto chiedere anche ai Paesi non occidentali gli stessi sacrifici”. L’Occidente, quindi, deve “fare penitenza” ed “espiare”. Sarebbero costi esorbitanti che si calcolano in vari trilioni (migliaia di migliaia miliardi) di dollari che si tradurrebbe in una fatale perdita di competitività per le industrie e in un ulteriore indebitamento degli Stati europei ed occidentali, a tutto vantaggio dei sistemi non occidentali, e in particolare di quello cinese. Come nel 1968 si afferma un anticonsumismo globale e si chiede a tutti di consumare meno, ma in realtà si chiede solo agli occidentali di diventare più poveri, di consumare meno carne, di viaggiare di meno, di soffrire il caldo di estate e il freddo di inverno, e che si vada tutti in auto elettriche o in monopattino elettrico.

Il terzomondismo anti-occidentale di sapore sessantottesco è risuonato nuovamente a Glasgow: una speaker del movimento ha detto dal palco della manifestazione dei 100mila di martedì scorso “la lotta al cambiamento climatico è anche lotta al colonialismo, al fascismo e all'imperialismo” e, dallo stesso palco, una cantante cilena ha intonato un inno a “Latino America, Palestina, internazionalismo”. Un’attivista indigena dell’Amazzonia ha affermato: “Stanno distruggendo la foresta e uccidendo le persone. Noi indigeni siamo i portavoce della Madre Terra… è il momento di riforestare le nostre menti e i nostri cuori”. Invece del culto operaista di fabbrica di allora, oggi il c’è culto della foresta. Invece di costruire il paradiso del comunismo, oggi si guarda all’Eden primitivo; invece del millennio comunista, il millennio ecologista; invece di agitare gli stendardi rossi, oggi si agitano quelli verdi. Anche allora i figli dileggiavano e insolentivano i padri accusandoli di colpe vere e presunte. Anche allora i padri sotto attacco si accodarono ai figli e li scimmiottarono. Anche allora attempati intellettuali, politici, giornalisti – e anche scienziati – furono contagiati dal delirio rivoluzionario, indossarono i pantaloncini corti e blandirono i giovani elogiandone la “coscienza sociale” e ripetendo le loro utopistiche parole d’ordine rivoluzionarie. Qualcuno lo fece per viltà e in perfetta malafede.

Oggi si elogia la “coscienza ecologica” dei ragazzini che marinano le lezioni, col permesso dei ministri e dei papà, per marciare “contro il riscaldamento globale e la catastrofe climatica”. Anche oggi i leader politici europei vogliono fare i “primi della classe” nella de-carbonizzazione. È una posizione autodistruttiva che rivela senso di colpa e volontà di espiazione. L’atteggiamento dei padri occidentali, in specie dei politici, degli intellettuali e dei giornalisti occidentali è lo stesso di ieri: il cedimento, l’autodissoluzione e l’harakiri. Sia ieri nel 1968, sia oggi nel nuovo Sessantotto dei gretini, agisce nel sottofondo l’odio per l’Occidente.


di Lucio Leante