Senza aiuti l’Afghanistan in pochi mesi morirà

venerdì 12 novembre 2021


Senza dubbio l’Afghanistan sta costituendo un laboratorio per le proiezioni future del Diritto internazionale. Il principio della “responsabilità di proteggere” che si stava consolidando è a un bivio. La Comunità internazionale ha sempre criticato tale principio – sintetizzato con la sigla R2p, Responsibility to protect in inglese – posto a giustificazione dagli Stati Uniti per intervenire in ogni nascente area di crisi. Quando in un Paese viene registrata una sistematica violazione dei diritti umani, in base ad esso si liceizza l’intervento a difesa della parte che subisce e così è successo in Iraq, in Siria, in Libia, in Yemen. Gli Stati Uniti con il presidente Donald Trump non hanno più applicato la controversa procedura e se è vero che hanno ottenuto il risultato di aver azzerato il sorgere di nuove guerre, con il ritiro delle proprie forze armate dalle aree di crisi più delicate i Paesi sono stati lasciati soli ad arrangiarsi nell’ambito della loro sovranità. Uno di questi è l’Afghanistan, che dopo vent’anni ha riacquistato la piena sovranità. Ma a che prezzo? Diritti umani azzerati, ospedali chiusi, scuole ad accesso limitato e, soprattutto, economia a livelli drammatici.

Secondo il “World Food Program” delle Nazioni Unite la povertà assoluta potrebbe riguardare entro pochi mesi il 97 per cento della popolazione, in quanto carestia e condizioni meteo avverse costringeranno migliaia di persone a trasferirsi nelle città alla ricerca di mezzi di sussistenza. In un’intervista ad Al Jazeera, il ministro talebano Khalil-ur-Rahman Haqqani ha affermato che l’inverno è alle porte e i milioni di afghani che sono stati sfollati devono essere aiutati da tutti coloro che hanno a cuore l’Afghanistan. Secondo Haqqani il Governo avrebbe un piano per fornire assistenza in più fasi dove il ministero dei Rifugiati fungerebbe da punto di raccolta degli aiuti provenienti dall’estero, per far giungere le risorse realmente a chi ha bisogno evitando sprechi e corruzione. Non può essere altrimenti, in quanto i talebani stanno affrontando una estrema crisi di liquidità da quando sono al potere, con miliardi di dollari congelati dalle grandi organizzazioni finanziarie internazionali. Haqqani è fiducioso ma non ha considerato un piccolo problema. Qualsiasi interazione della Comunità internazionale con lui sarà difficile in quanto inserito nella lista dei terroristi internazionali ricercati a livello mondiale.

Il problema è proprio questo. Può la Comunità internazionale dialogare con un Governo tra i cui membri figurano tipi come Haqqani? In effetti sono stati raccolti 8 miliardi da destinare al popolo afghano e si sta valutando come convogliarli, probabilmente tramite le Ong presenti sul territorio o, residualmente e turandosi il naso, trattando con il Governo ulteriori corridoi umanitari. Al momento è stato concesso all’Italia un solo corridoio per 1200 persone. Poche, rispetto alla lista di diverse migliaia che vivono nascoste in quanto individuate come persone che hanno collaborato con le forze internazionali presenti sul territorio sino ad agosto. Appelli per gli aiuti arrivano anche dall’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Filippo Grandi e dai Paesi limitrofi.

Il tempo rimasto è poco, l’Afghanistan è prossimo all’implosione e quando questa inevitabilmente avverrà ci sarà una catastrofe umanitaria senza precedenti di cui la Comunità internazionale dovrà prendersi carico, soprattutto accogliendo i migranti. Al momento nessun Governo ha ancora riconosciuto l’Esecutivo talebano ad interim.


di Ferdinando Fedi