Minacce No vax e obbligo vaccinale

lunedì 8 novembre 2021


Prima di parlare di queste velate minacce di presunti esponenti No vax a chi scrive, mediante l’inserimento nella cassetta postale della abitazione privata di volantini che bollano i giornalisti come terroristi dell’informazione, va detta una parola che si spera definitiva su questa argomentazione dei No Green pass che spinge per l’obbligo vaccinale di modo che “lo Stato si assuma la proprie responsabilità”. E per non parlare appunto più di “Green pass”. Ebbene, una legge che supera questa obiezione che ha il retrogusto del complottismo – il Governo italiano e quelli europei non la vogliono per non dovere risarcire chi subisce danni dalla vaccinazione – esiste già: è la 210 del 1992 che prevede “un indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati”. Ne ha parlato in un articolo sullaStampadel settembre scorso Eugenia Tognotti specificando che questa legge venne “promulgata quasi quarant’anni fa” (cioè nel 1982, essendo quella del 1992 la legge risultante dai successivi aggiustamenti e modifiche, ndr) e che in seguito venne integrata, estendendo il diritto al risarcimento anche a chi ha subito “lesioni o infermità” sopravvenuti in seguito a vaccinazioni semplicemente “raccomandate” come quelle relative alla epatite A.

Per di più, con la sentenza numero 307 del 1990 la Corte costituzionale è intervenuta in modo netto, affermando che il diritto al risarcimento per danni derivanti da possibili effetti collaterali dei vaccini obbligatori o raccomandati è sempre onere dello Stato, non potendosi chiedere al cittadino di diventare un eroe sanitario per la collettività. Questa precisazione è dovuta per togliere ai nemici ideologici del Green pass alcune false argomentazioni che in realtà finiscono per portare acqua ai deliri dei No vax. E per evitare ai primi di diventare la foglia di fico dei secondi. Un po’ come accade a chi dice di non essere antisemita ma solo contro Israele. Precisato ciò, mi auguro che le minacce da me esposte in querela contro ignoti presentate dall’avvocato Carlotta Bianchi in procura all’inizio di questa settimana e di cui parla l’intervista che mi ha voluto fare il direttore di Radio Radicale, Alessio Falconio, poi ripresa in un tweet da Giuseppe Giulietti attuale presidente della Fnsi (Federazione nazionale stampa italiana), siano opera di pazzi o mitomani. Ma ho dovuto mio malgrado tutelarmi e chiedere la cosiddetta “scorta mediatica” per evitare che, qualora dovessero accadere altri episodi intimidatori o peggio, qualcuno possa cadere – o far finta di farlo – dalle nuvole. Come succede nella maggior parte dei delitti passionali violenti, a partire dai famigerati “femminicidi” – che spesso sono episodi di omicidio a cui segue il suicidio del protagonista omicidiario – quando i cronisti vanno a interrogare i vicini della coppia protagonista della tragedia i commenti che si riportano sono di stupore e incredulità: “Era tanto una brava persona, lui e la moglie sempre educati, mai una parola fuori posto”.

Solo in un secondo momento con le inchieste che lasciano il tempo – e le vittime – che trovano viene magari fuori che “litigavano spesso e si sentiva lui alzare la voce” e che “una volta lui la ha inseguita nel giardino con un martello”. Ecco, mutatis mutandis, per evitare situazioni future dal sapore tragicomico, e con dementi come i “No vax” questa è quasi la norma, ho ritenuto opportuno allertare chi di dovere di alcuni episodi inquietanti che mi sono accaduti. Compreso sentirsi suonare insistentemente al campanello di casa alle 21,30 – palazzo semidisabitato – da uno sconosciuto che si era intrufolato dal portone lasciato aperto e che, giunto al pianerottolo della mia abitazione, mi intimava urlando di aprirgli e insisteva perché diceva che il suo gatto era scappato sul mio terrazzo. Magari ci si può fare una risata, ma io in quel frangente mi sono terrorizzato e, mi domando, se avessi fatto l’errore di aprire cosa sarebbe potuto succedermi.


di Dimitri Buffa