C’erano una volta gli equilibri più avanzati

venerdì 5 novembre 2021


Si parla di tanti anni fa, ma l’idea è valida oggi come allora. Il teorico più preparato di questo “arrovesciamento della praxis” era Francesco De Martino, segretario del Partito Socialista italiano, partito al Governo con ministri e sottosegretari tenuti sulla corda da quell’avvertimento. In realtà, fu una minaccia che ottenne l’effetto contrario con l’intervento del vice di De Martino, Bettino Craxi che, in nome dell’autonomia del Psi contro gli stessi comunisti, buttò alle ortiche quelle contraddizioni de martiniane facendo sfruttare capacità, coerenza e concrete possibilità dell’alleanza di centrosinistra fra socialisti, cattolici e laici, chiudendo ai comunisti e, quindi, al vero grave rischio di elezioni anticipate.

Questo excursus di storia (politica) patria ci è venuto alla mente leggendo delle ennesime giravolte di Matteo Salvini che stiamo paragonando a De Martino (e non se ne abbia a male, perché non è il caso) pensando alle sue diatribe (per ora) con Giancarlo Giorgetti che vuole la stabilità del Governo Draghi, cui Salvini mette spesso il bastone fra le ruote. Non ultimo il caso dei suoi ammiccamenti ai No Vax ma c’erano stati altri episodi e altre uscite salviniane tendenti al superamento dello schema draghiano verso una opposizione che è ora rappresentata da Giorgia Meloni.

L’attrattiva dell’opposizione era stata per dir così risolta da Salvini con la formula del (suo) partito di lotta e di Governo, cioè di opposizione e di maggioranza governativa, in nome di equilibri politici più avanzati grazie ai quali contendere all’alleata Meloni spazi elettorali ora ristretti, a causa della partecipazione governativa, a maggiore ragione con un Draghi intoccabile, uber alles, per di più gradito alla grande maggioranza degli italiani. In questo contesto, per cui abbiamo evocato la formula antica e nuova degli equilibri più avanzati, è intervenuto pesantemente, cioè politicamente, un po’ alla Craxi, il ministro Giancarlo Giorgetti con puntuali critiche, sia nei confronti di Salvini sia contro il gruppo sovranista in Europa con cui Salvini (con una contromossa) ha annunciato una videochiamata insieme a Viktor Orbán (Ungheria) e Mateusz Morawiecki (Polonia). Non solo, ma il segretario della Lega, nel far sapere urbi et orbi che la “Lega è mia e comando io non i ministri”, ha deciso un vertice, aprendo i lavori del Consiglio federale con una serie di proposte e nella speranza che i big del partito si rivoltino contro il ministro Giorgetti.

La tensione nella Lega è dunque visibilissima ma è probabile che si versi acqua sul fuoco da diverse parti, al di là degli stessi governativi seguaci di Giorgetti mentre alla finestra della politica si staglia attenta, curiosa e non disinteressata quella Giorgia Meloni che sta sottraendo consensi a Matteo Salvini e al suo partito di lotta e di Governo. Un binomio che non può portare a grandi successi, perché è il simbolo di una contraddizione di fondo, che vorrebbe esaltare il ruolo di una opposizione standosene comodamente in maggioranza con i suoi fringe benefit, che non riguardano i soli Giorgetti & Company. E il popolo, a volte, lo capisce.


di Paolo Pillitteri