Falcone: la Mafia a Milano non esiste

mercoledì 3 novembre 2021


C’era già capitato di dare una scorsa, con qualche giudizio, al libro di Ilda Boccassini dedicato alla memoria di Giovanni Falcone e a alla lunga relazione sentimentale che li legò. Abbiamo avuto parole elogiative alla scorrevolezza dello stile e al taglio sempre vivace di una narrazione che incontrò il proprio macigno proprio nell’intermezzo d’amorosi sensi, con varianti ad alta quota, tanto per dirne una. Uno scoglio che ha costretto la maggior parte degli osservatori a concentrare il fuoco su queste parentesi rosa, per di più sullo sfondo di una vicenda finale di strage, di morte e di sangue, dove a Capaci persero la vita il giudice, la moglie Francesca Morvillo, la scorta.

In realtà, il libro boccassiniano è altro, tant’è vero che qualche sera fa Enrico Mentana vi ha dedicato un lungo speciale benché, a ben vedere, non siano emerse altre verità scottanti, soprattutto a proposito dei colleghi di Milano che furono presi letteralmente d’assalto dalla Boccassini quarantotto ore dopo Capaci. Li rimproverò di avere lasciato solo Giovanni, di averlo aspramente criticato per essere diventato “uomo” di Claudio Martelli, ministro della Giustizia. Vestita di scuro, come una vedova siciliana del viscontianoLa terra trema”, lanciò il suo fremente j’accuse ai presenti, tutti colpevoli dell’abbandono di Giovanni. E il Consiglio superiore della magistratura? Zitto e mosca.

Siamo nell’Aula magna del tribunale meneghino e al suo fianco, seguendo lo speciale di Mentana, c’è l’aula nella quale la pm Ilda Boccassini imbastì un “processone” su Milano chiamato, come in un film o un serial tv, “Duomo Connection”, alla scoperta delle mani della mafia su Milano. Insomma: Milano come Palermo, tanto per essere in sintonia, e non solo, con Falcone. Sulla “Duomo Connection” esistono centinaia di articoli furenti contro la città e s’era ben capito che il binomio giustizia-mass media aveva messo nel mirino sindaco e giunta per una crisi gravissima e irreversibile, sulla quale giocavano pesante e di rimessa personaggi come la parlamentare Ombretta Fumagalli Carulli, instancabile frequentatrice del Tribunale e, si diceva, ispirata da Giulio Andreotti per dare il colpo di grazia al premier Bettino Craxi nella sua città.

Dopo mesi di grancassa, quel circo mediatico-giudiziario apparso per la prima volta si afflosciò, l’inchiesta andò spegnendosi perché invece delle mani della mafia sulla città furono scovati e incriminati piccoli personaggi, speculatori e spacciatori. Non solo: sul finire di quella vicenda che aveva dato comunque un colpo destabilizzante alla giunta di Palazzo Marino, Giovanni Falcone, sì proprio lui, ebbe a dire in modo tranchant che la mafia a Milano non esiste, non può esistere, è una bufala.

Forse è sfuggito questo dettaglio a Mentana che segnala una vera, colossale sconfitta della Ilda e dei suoi pregiudizi anti-craxiani. Che fanno da pendant a quelli evidenziati nel Ruby ter contro un altro premier, Silvio Berlusconi. Anche in questo caso la manopola del film fu azionata a tutto spiano e il circo Barnum dell’informazione fece strame del principio di innocenza fino a prova contraria e di rispetto dell’inquisito. Dopo anni di tiro al bersaglio, fu la Cassazione a giudicare innocente Silvio Berlusconi, mettendo la parola fine alle paturnie politico-ideologiche di una Boccassini alla ricerca spasmodica del premier (come Craxi) colpevole a ogni costo.


di Paolo Pillitteri