Lettera agli amici dubbiosi del centrodestra

venerdì 29 ottobre 2021


Cari amici del centrodestra, di tutto il centrodestra,

sono un liberale praticamente da sempre, fin dagli anni Sessanta, quando Giovanni Malagodi tentò di iniziare in Italia una rivoluzione liberale per recuperare quell’impostazione democratica e occidentale che era stata propria anche della Democrazia cristiana di De Gasperi, Pella, Don Sturzo (e Pio XII), una Democrazia cristiana che il 18 aprile del 1948 era stata capace di recuperare e riunire col centro quasi tutto il voto di destra, con una rivoluzione liberale restauratrice e rivolta al futuro, che fu una linea di carattere e valore realmente generale e che, tanti anni dopo e in ben diverso contesto, sarebbe stata poi ripresa soprattutto in America con Ronald Reagan. Una linea liberale, patriottica e cristiana, chiaramente connotata a destra, ma capace di tenere coalizzate anche formazioni della sinistra anticomunista, come i socialdemocratici di Saragat e i repubblicani di Pacciardi (o dei Dc di sinistra come Fanfani e Vanoni). Una linea vincente anche in Europa, in Germania con Adenauer ed Erhard e in Francia con Schuman e De Gaulle, una linea che avrebbe portato al miracolo economico e ad un’Europa comunitaria nuovamente libera e indipendente. Si dirà che nel quarantotto la Russia di Stalin non lasciava altra scelta, ch’era in gioco una profonda scelta di civiltà, che era in forse il nostro futuro ed è vero, ma siamo sicuri che oggi non sia così? Siamo sicuri che la “cancel culture”, la massificazione informatica, il controllo elettronico centralizzato, il rifiuto nichilista dello sviluppo, l’abuso generalizzato dello stato di emergenza, il forte crescere di potenze che non hanno conosciuto l’illuminismo, la proliferazione degli arsenali nucleari, la ricerca di nuove armi batteriologiche e le sempre crescenti limitazioni alla libertà di pensiero e alla proprietà privata, non ci pongano di fronte a scelte almeno altrettanto drammatiche?

Davvero crediamo che siano uguali una destra che, magari confusamente, questi problemi però se li pone e una sinistra che invece li ignora e quando, per la sua tradizionale e incoercibile forma mentis, non pensa a nuovi e vessatori divieti contro le libertà individuali, il libero pensiero e la proprietà, si dedica all’illusionismo e ai finti problemi con l’etica integralistica, moralistica e profondamente immorale di fra Girolamo Savonarola?  La sinistra, in tutto il mondo sviluppato, non può più governare gli avvenimenti, perché divisa in due grandi filoni entrambi irrimediabilmente inadeguati : l’uno, ortodosso, affida ancora le soluzioni al classico statalismo tardo ottocentesco, datato, fallito in tutto il mondo e ormai perfino sfiduciato in se stesso, l’altro, il filone rosso-verde, è segnato da una prevenzione oscurantista verso la scienza e da una sorta di pessimismo globale verso l’uomo e le sue qualità, quando non addirittura da un certo disprezzo mal dissimulato per l’umanità, vista come spregevolmente egoista. In definitiva la sinistra di oggi non ama l’uomo, lo vorrebbe più rispettoso, più altruista, più ecologico, più disinteressato e magari più sportivo, vegetariano o dedito alla dieta mediterranea, ma insomma così com’è non le piace proprio, ecco perché la sinistra ha sempre quell’atteggiamento pedagogico verso tutti e concepisce come metodi solo il divieto e la regola, mai la libertà.

Tutto questo ha una conseguenza drammatica, la sinistra più invecchiata pensa ad una triste realtà di uomini stabilmente irreggimentati e controllati, quella più recente ama in effetti la natura solo se priva di presenza umana, cioè innaturale. Con queste premesse, la sinistra può soltanto ostacolare la soluzione dei nuovi problemi. Se ricordo questo è perché vedo con preoccupazione, nel centrodestra, una corsa ai distinguo, anche personali, che può far perdere di vista l’importanza complessiva della posta in gioco, che non è data dal più o meno elevato tasso di liberalismo misurato col bilancino di questo o quell’esponente o, al contrario, della maggiore o minore intransigenza verso un governo di necessitata e momentanea convergenza nazionale, ma dalla reale e radicale contrapposizione di valori con le sinistre post (o neo) comuniste che vedrà nelle prossime elezioni generali il momento di una vera scelta di campo.  Se da indipendente liberale eletto nelle liste della Lega a Roma, sono diventato, per mia libera e autonoma scelta, un convinto e orgoglioso leghista tesserato, è perché la Lega ha scelto una posizione di cerniera al centro del centrodestra (che è cosa ben diversa dal centro geometrico delle mediazioni paralizzanti) che cerca di tenere unite le sue varie anime, recuperando quell’unità plurale e interclassista indispensabile al governo di un paese. Ed anche a vincere le elezioni, come dimostrano le recenti difficoltà delle destre moderate in molte parti d’Europa, per il rifiuto aprioristico ed autolesionista di qualunque dialogo con quelle più radicali, ma non per questo antidemocratiche.

Certo che ci sono differenze nel centrodestra, anche piuttosto significative (che hanno finora reso difficile un partito unitario) ma sono molto, ma molto, meno importanti di quelle con la sinistra intollerante del Politically correct, della “comprensione” dell’integralismo islamico, del rifiuto barbaro delle nostre tradizioni, della sottovalutazione della Cina e della demonizzazione della Russia, del mondialismo soffocante e, soprattutto, di quella prassi di governo che sembra voler vietare quasi tutto e ciò che non è vietato renderlo obbligatorio. Davvero non capiamo che i referendum sulla giustizia di Lega e Partito radicale sono un’iniziativa profondamente liberale o che l’abbandonare il governo alle sole sinistre segnerebbe una pericolosa involuzione autoritaria? Ognuno di noi ha le sue opinioni particolari, la sua storia, le sue idiosincrasie e i suoi personali legittimi interessi, che possono benissimo essere contrastanti, ma ognuno di noi ha soprattutto la sua condizione di libero cittadino da difendere e quella, oggi, solo il centrodestra unito la può difendere, (senza osteggiare però, perché la politica resta sempre l’arte del possibile, la sinistra moderata dei Renzi e dei Calenda) e solo con la fermezza sui principi e la chiarezza della rotta. Oh lo so bene, che anche a sinistra vi sarebbero persone che credono alla democrazia, ma sono purtroppo del tutto ininfluenti, perché costrette ad un percorso obbligato segnato da un giustizialismo militante e intollerante che, nella pratica politica, le costringe di fatto al silenzio e che anzi solo una chiara vittoria del centrodestra potrebbe liberare.

L’unità del centrodestra, col superamento di ogni velleità partigiana al suo interno, è così una necessità anche per liberare queste forze inespresse all’interno della sinistra. Coloro che, sulla sinistra del centrodestra, mirano a crearsi uno spazio politico personale in un ipotetico e inesistente centro, sbagliano, proprio come coloro che sul lato opposto, sembrano giocare al radicalismo del “tanto peggio tanto meglio” per sperare con un’opposizione preconcetta di intercettare qualche voto in più. Queste posizioni, del tutto legittime in altri frangenti, non lo sono in questo particolare momento, perché alle prossime elezioni sarà un vero e proprio “o di qua o di là” senza scappatoie, da cui dipenderà in maniera diretta il futuro del nostro Paese. Questo i leader del centrodestra l’hanno tutti capito, bisogna che questo valore essenziale sia anche di tutti i nostri esponenti. Ma, al di là dell’attuale posta in gioco, credo che noi tutti si debba riflettere su un particolare della nostra storia e cioè di quello che è stata, per l’Italia, quella linea che a partire da Cavour e dalla Destra Storica, è proseguita con Salandra e Sonnino, Pareto, D’Annunzio e Croce, Guareschi e i comitati civici, fino ad Einaudi, Brosio ed Antonio Segni, una linea di destra democratica, sottile, ma da sempre esistente e che, quando ha prevalso ha fatto la fortuna della Nazione.

La stessa, cauta e saggia, apertura a sinistra, di Giolitti e De Gasperi, fu possibile finché ci fu una destra forte e coesa alle loro spalle. Libertà, democrazia ed Europa (quell’Europa che la destra ha sempre voluto e la sinistra fino a ieri ha osteggiato, tanto per precisare) sono i nostri punti di riferimento ideali, ma soprattutto è la libertà della persona, che noi dobbiamo e vogliamo difendere, dai vecchi e nuovi pericoli che la minacciano. La posizione personale di ognuno di noi, messa in forse da una riduzione delle camere voluta da una sinistra antiparlamentare senza cultura, luddista e iconoclasta, a cui la destra non ha voluto e saputo unitariamente opporsi, non deve mai farci dimenticare il nostro interesse ad essere liberi cittadini, che deve venire sempre prima di quello, pur legittimo, di rappresentanza politica. Non chiudiamo gli occhi, è un nuovo 18 aprile quello che si prepara, ognuno faccia il suo dovere.


di Giuseppe Basini