Che i virologi e la Ronzulli vadano a scuola di logica/2

giovedì 28 ottobre 2021


Pochi giorni fa, da queste pagine, ho rilevato come, al di là di ogni propaganda contraria, sia lecito affermare che a causa esclusiva del Covid, in Italia, siano morte soltanto 3783 persone delle complessive circa 130.000. Non si tratta di una semplice e opinabile impressione, ma di un ragionamento basato in modo oggettivo sui dati forniti da un documento dell’Istituto superiore di Sanità lo scorso 5 di ottobre. Va però ancora notato che oltre l’80 per cento dei decessi ha riguardato persone non solo già affette da diverse e assai serie patologie, ma anche di età avanzata, superiore cioè ai 75 anni. È vero che son morti anche cinquantenni o trentenni, ma ciò è statisticamente irrilevante, essendosi trattato di casi del tutto limitati e marginali.

Scrivendo quest’ultima notazione provo un senso di naturale disgusto, perché penso che nessuna statistica al mondo possa reggere alla prova della morte di una sola persona, per il semplice motivo che la vita di uno solo di noi vale quanto quella di tutti gli altri esseri umani del pianeta terra, circa sei miliardi, messi assieme. Tuttavia, pur provando disgusto e anche raccapriccio, adotto volutamente questa prospettiva per collocare il mio discorso sullo stesso piano di quello dei virologi, degli esperti, dei giornalisti che quotidianamente trattano di questi argomenti: come costoro trattano con assoluto disprezzo la vita umana, al punto da farne un bilancio assurdo in termini di costi e ricavi – cioè di morti da vaccino e vivi da vaccino – cerco di fare la stessa cosa, al solo scopo di usare, come strumento critico verso di loro, il medesimo tipo di argomentazione: per certi aspetti, vi sono costretto. Ebbene, se così stanno le cose – e ce lo dice il documento dell’Istituto superiore della Sanità che stanno davvero così – ne viene di filato che la strategia di fondo operata dai governi italiani (Giuseppe Conte e, per altro verso, Mario Draghi) per fronteggiare la pandemia, appare radicalmente errata.

Diamo pure per buoni i primi due o tre mesi – anche se il piano pandemico nazionale giaceva da anni inutilmente in attesa di esser aggiornato – periodo, per dir così, di rodaggio e giungiamo perciò a maggio o giugno del 2020. Cosa ha fatto poi il Governo? Ha insistito con le chiusure totali o quasi totali di ogni attività: scuole, palestre, discoteche, ristoranti, musei, cinema, teatri, stadi. Ha cioè chiuso tutto il chiudibile, comportandosi come lo stolto che, per uccidere una mosca, pensò bene di sparare con un cannone e finendo perciò con il colpire molti altri che nulla avevano a che fare con la mosca. Non intendo dire che il Covid sia paragonabile a una mosca, ma che la strategia governativa sia simile a quella di chi usi il cannone per colpirla mi pare certo. Il Governo ha insomma sparato nel mucchio, per dir così, senza tener conto dei dati che l’Istituto superiore di Sanità forniva.

Ciò facendo, il Governo ha sbagliato almeno due volte. La prima volta perché ha imposto a persone che mai avrebbero potuto davvero soffrire un pericolo una inutile e dannosa chiusura di attività, devastante sul piano economico e umano. Si pensi alle scuole. Perché chiuderle?  Infatti, né i ragazzi e neppure i professori – non più che sessantenni – avrebbero potuto rappresentare bersagli effettivi del virus, al punto da mettere a rischio gravemente la loro salute o addirittura provocarne la morte. Si pensi alle palestre. Che forse gli ultrasettantacinquenni frequentano le palestre? E le piscine? E le discoteche? Il secondo grave errore sta nell’aver consigliato o permesso di fare esattamente il contrario di ciò che sarebbe stato logico fare. Ricordate quando s’era tutti chiusi in casa, ma ci si poteva recare dai congiunti per visitarli? Bene. Ciò significò dare il lasciapassare ai ragazzi per portare al domicilio dei nonni ultrasettantacinquenni il virus dal quale sarebbero stati infettati forse in modo irrimediabile: cosa puntualmente accaduta. E darlo ovviamente anche ai loro genitori, liberi di fare lo stesso – e anzi incentivati – con i loro mamma e papà. Insomma, un disastro. Vi pare normale? Non lo credo.

Invece, non si fece la cosa che veramente andava fatta. Andava cioè apprestata in tempi rapidi una effettiva tutela per fasce di popolazione a partire da coloro che essendo in età avanzata, e probabilmente già affetti da alcune patologie, corressero maggior pericolo in caso di contagio. Bisognava perciò, lasciando aperte le scuole e le palestre, raccomandare ai giovani, e anche ai meno giovani, di evitare di visitare nonni e nonne, zii e zie di età avanzata, perché queste visite potevano esser pagate a caro prezzo. Inoltre, erano proprio gli anziani a dover essere confinati in casa per un certo tempo, apprestandosi dei servizi a loro vantaggio da parte di comuni ed Enti pubblici, allo scopo di proteggerli. Altra fascia di popolazione da proteggere era poi quella dei soggetti, pur non anziani, ma affetti da malattie o da congenite fragilità: furono invece abbandonati a loro stessi, facile preda del virus.

Il Green pass e l’uso dettato per il Green pass son poi infine l’evidente frutto di una mente incapace di pensare in modo coerente e logico: basti pensare che esso occorre per salire su un aereo e non su un autobus, dove si viaggia assai più pigiati l’uno all’altro. La valenza di controllo bio-politico del Green pass sorpassa dunque di molto il suo inesistente rilievo sanitario. Si potrebbe continuare ma mi fermo qui. La morale è una sola: chi ci governava non aveva capito nulla di nulla e operava alla cieca, intervenendo su tutto, per non intervenire alla fine su nulla. Forse per questo, si è preferito trasformare una evenienza strettamente sanitaria in una piattaforma di sperimentazione politica deliberatamente incostituzionale, come tutto lascia credere. Siamo nelle mani di nessuno.


di Vincenzo Vitale