sabato 23 ottobre 2021
Un tempo infausto per la politica, evidenziato dalla diserzione delle urne e dal rafforzarsi di élite che reputano giusto il potere non si fidi del popolo. Sarebbe cosa buona voltare lo sguardo verso la filosofia, al monito “favorire i competenti in democrazia ma senza sfociare nella tecnocrazia dei saggi”. Perché è colpa del connubio tra élite e “tecnocrazia dei saggi” se il cittadino non è andato a votare. Élite che, al pari dei tecnocrati, serbano una concezione relativistica della democrazia, intesa come “male seppur minore”: a questa loro visione si deve la giustificazione d’un potere che non si fida del popolo. Analisi che pervade le moderne teorie, e viene giustificata dai consulenti dei governi come attualizzazione della “metodologia del realismo” di Machiavelli, Sartori, Weber, Schumpeter… Ergo, secondo queste teorie, che oggi pervadono anche i 5Stelle (quelli che si dicevano popolo contro la casta) necessiterebbe accettare d’essere inevitabilmente controllati ed influenzati da élite e gruppi di potere. E che la competizione in politica non sarebbe più da considerare tra partiti partecipati dal popolo, ma tra élite di poteri tra loro in competizione.
Ne deriva che il popolo, anche senza aver letto la politica di Aristotele ed i fondamenti settecenteschi alla base del contratto sociale, ha ben compreso che è ormai infranto il patto costituzionale del principio di rappresentanza: ovvero sindacati e partiti non rappresentano più gli italiani, non hanno necessità della loro partecipazione ed hanno abdicato al ruolo politico-economico di fungere da corpi intermedi. E non siamo nemmeno nel campo delle democrazie deviate, ovvero le olocrazie, e perché, anche il tanto sbandierato populismo è diventato uno strumento delle élite per dimostrare che esisterebbe una opposizione al potere che non si fida del popolo.
Quel che manca negli eletti d’oggi è la coscienza politica, un misto d’etica e morale che permetteva al partitocratico d’un tempo di giurare, di dare la propria parola. Certo Aristotele (riprendendo la Repubblica di Platone) ammetteva che la politica è un affare troppo complicato perché possa essere lasciato alla gente comune. Per la scuola antica il potere politico doveva essere gestito dai sapienti, da coloro che sanno ed hanno le necessarie competenze: ma in quella visione le élite non erano nemiche del popolo. La “sofocrazia”, governo dei sapienti, non può necessariamente basarsi sul fatto che il potere non si debba fidare del popolo. Anche perché oggi internet permette che filtrino notizie sull’estrema corruzione del potere, e questo alimenta la dissidenza, il ribellismo, la disubbidienza. Ed usare polizie ed esercito contro il popolo in rivolta non genera certo il consenso verso le élite, ma solo la paura del potere. Ovvero quel prototipo dell’assolutismo moderno già preconizzato da Karl Popper, che aveva già intuito che il “totalitarismo” platonico sarebbe tornato vestendo panni tecnocratici: ed oggi in Italia (ed in Europa) vince il prototipo dell’assolutismo moderno che si contrappone all’idea popperiana di “società aperta”. Quest’ultima era la vera democrazia, fondata sui principi di libertà e pluralismo, praticata nella democrazia ateniese di Pericle. Oggi la gente non va a votare perché la classe scelta, e ristretta, è stata smascherata dal popolo. Quest’ultimo sa benissimo che il vero voto che scegliete i capi delle tecnocrazie avviene nelle borse, grazie ai mercati finanziari, ai trust, ai giochi societari. La gente ha capito che la garanzia sostanziale alla democrazia, il diritto alla libertà ed all’uguaglianza, è stata cestinata favorendo il familismo amorale tecnocratico.
La crisi della democrazia moderna è legata alla volontà d’esclusione sociale praticata dalle élite, che vorrebbero così mettere in discussione il principio della rappresentanza. Le élite fanno come il lupo con l’agnello, accusano dell’attuale situazione il popolo, reo d’aver goduto dell’indiscriminata estensione dei diritti di voto (attivo e passivo) promossa dal suffragio universale. Ed il popolo ha risposto non votando, dicendo così al potere “se io sono ignorante e non so’ nulla di politica, allora fatevi da voi il consenso per legiferare e governare”. Ma oggi in Italia c’è un Draghi che spadroneggia, contornato anche da eletti incompetenti e corrotti. Ed il popolo sa bene che il potere oggi si domanda “se possiamo escludere dal voto gli immigrati perché non lo possiamo fare anche per gli autoctoni ignoranti?”. Parimenti il popolo si chiede “come possiamo organizzare le istituzioni politiche in modo da impedire che governanti cattivi o incompetenti facciano troppo danno?”. Popper aveva risposto a queste pulsioni con il progetto di “società aperta”, che garantirebbe il regime democratico: forse imperfetto, ma che ha retto l’Italia fino agli anni Novanta. Detto questo, necessita non credere si sia giunti alla fine delle storia, alla tecnocrazia sempiterna: presto un buon voto scaccerà il cattivo potere.
di Ruggiero Capone