Adesso ci si mette anche Gianfranco Fini

I fatti di Roma, con annesso attacco alla sede della Cgil, sono di una gravità inaudita. Un vulnus alla democrazia che ci impone di vigilare su certe derive violente con intransigenza e con decisione. Vale per gli assaltatori di destra tanto quanto per gli sfascia-vetrine di sinistra passando per gli anarchici. Perché qui non si tratta di lotta politica ma, in molti casi, di delinquenza comune da isolare con forza. Come spesso accade, dopo la condanna senza appello per i fatti di Piazza del Popolo, un minimo di riflessione bisognerà pur farla e qualche domanda a cui dare una risposta – più in là e non a caldo – bisognerà pur porsela.

Sembra banale ma vien da chiedersi perché certa gente (qualcuno anche con il Daspo) sia stata fatta salire sul palco, vien da chiedersi perché nessuno abbia opposto resistenza quando dal microfono quattro balordi hanno annunciato con largo anticipo la propria intenzione di assaltare le sedi sindacali e istituzionali, vien da chiedersi quale fosse il mandato degli sparuti infiltrati dello Stato che sono stati ripresi nei video amatoriali, vien da chiedersi se la chiusura ope legis di Forza Nuova non ne faccia dei martiri molto appealing per i giovani, ma soprattutto vien da chiedersi perché un simile deprecabile episodio debba servire a qualcuno per buttarla in vacca appiccicando connivenze (a cui nessuno crede) tra questi violenti prestati (secondo loro) alla politica e pezzi di centrodestra.

È almeno dai tempi di Francesco Storace candidato alla Regione Lazio (ma secondo noi da molto prima) che Forza Nuova & C. hanno iniziato a odiare forse più il centrodestra della sinistra. Hanno sempre schierato (almeno nelle elezioni importanti) loro candidati in contrapposizione al centrodestra e molto spesso – come nel processo Laziogate risoltosi con formula piena per Francesco Storace – furono anche parte attiva a livello giudiziario contro quello schieramento politico. Ciò premesso, non ci scandalizziamo certo del fatto che qualcuno tenti di cavalcare l’onda facendo la solita manfrina sul fascismo a Giorgia Meloni o Matteo Salvini: ci sono le elezioni, il Governo Draghi sta facendo incazzare in maniera preoccupante e per motivi diversi larghe fette della popolazione, la crisi energetica comincia farsi sentire in bolletta, la crisi occupazionale morde nonostante Renato Brunetta sparga miele tutti i giorni e per giunta i maggiori partiti vivono simultaneamente una crisi interna con pochi precedenti. Tutto questo toglie qualcosa al vile atto dei balordi assaltatori? Nulla, ma per i delinquenti esistono le patrie galere così come per Cesare Battisti. Anche se, coloro i quali oggi si scandalizzano per Forza Nuova, ieri firmavano petizioni per evitare la cella a Battisti così come ad altri “compagni che sbagliano” a dimostrazione del fatto che nessuno è così puro da poter giudicare chiedendo prove di democraticità agli altri.

Tutto già visto quindi, manfrina sul fascismo arcinota, fuoco di paglia che si spegnerà dopo i ballottaggi. Ma che adesso anche Gianfranco Fini, falsificando la storia recente per un proprio tornaconto, ci venga a raccontare che la destra lo allontanò perché non gli ha mai perdonato l’abiura del fascismo, questo è veramente troppo. La destra, seguendo più il compianto Pinuccio Tatarella che Gianfranco Fini, accettò di buon grado di traghettare il Movimento Sociale verso Alleanza Nazionale perché i tempi erano maturi e certe nostalgie erano ormai da consegnare al passato remoto. Chi si oppose pensò bene di andare nel Movimento di Pino Rauti perché capì che lo strappo era ormai nelle cose e nella destra di Governo non c’era spazio per certa continuità. Più avanti, la destra seguì anche Gianfranco Fini quando definì il fascismo come male assoluto perché era comunque giunto il momento per fare ufficialmente e chiaramente i conti con la storia (a sinistra non hanno fatto lo stesso). E la destra seguì convintamente la classe dirigente di Alleanza Nazionale anche quando decise di confluire nel Popolo delle Libertà perché si avverava il sogno di Pinuccio Tatarella di andare “oltre il Polo” creando un contenitore liberale, conservatore, nazionale e popolare che raccogliesse sotto un unico vasto cappello tutte le sensibilità non progressiste. Ciò che invece, a torto o a ragione, non fu perdonato a Gianfranco Fini fu invece lo strappo che egli consumò da presidente della Camera con l’intento di picconare e distruggere il Pdl per motivi personali, per fare cioè la scalata sulle macerie di un contenitore che in quel momento era forte, saldamente al Governo e con il vento in poppa. Ciò che, a torto o a ragione, non fu perdonato a Gianfranco Fini fu l’ammiccamento alla sinistra, la sponda con Giorgio Napolitano per far cadere il Governo di centrodestra, le false lusinghe accettate dall’altra sponda mascherate da emancipazione.

Ciò che non fu perdonato a Gianfranco Fini fu la creazione di Futuro e Libertà, un contenitore posticcio nato con l’intento di spaccare il fronte moderato con finalità non immediatamente comprensibili. Fu l’abiura verso il centrodestra e il (quasi) passaggio dall’altra parte il fatto realmente odioso e non certo l’abiura del fascismo, abiura che già Alleanza Nazionale aveva nel Dna. La sua ultima uscita è la prova provata che l’intento di distruggere non si è mai sopito e anzi continua senza ripensamenti. Le vicende immobiliari di Montecarlo sono addirittura un fatto minore rispetto alle grosse colpe politiche che Gianfranco Fini ha e che nessuno potrà cancellare. Se ne faccia una ragione.

Aggiornato il 15 ottobre 2021 alle ore 09:26