Tutta invidia!

martedì 28 settembre 2021


Figuriamoci se perdevano l’occasione, da sinistra, per accusare di sessismo qualsiasi cosa si muovesse in quel momento, e il Fato invece ha voluto che questa volta l’oggetto dell’attacco fosse fermo, anzi immobile, essendo una scultura in bronzo.

Lasciatemelo dire senza alcun freno: l’opera che immortala la “Spigolatrice di Sapri” dell’omonima poesia è brutta, ma proprio brutta. Disarmonica, macrocefala, più simile a una marionetta che a una scultura di bronzo, se l’avessero vista geni assoluti della fusione quali Donatello o Benvenuto Cellini o lo stesso Auguste Rodin, tanto di moda in questi giorni per essere esecrato od osannato a seconda del livello d’imbecillità di chi parla, di certo avrebbero preso a male parole il suo creatore. D’accordo, nessuno è perfetto ma in questo caso non possiamo certamente invocare la solita giustificazione dell’arte contemporanea, e ci chiediamo piuttosto con quali criteri estetici sia stata scelta l’opera e approvata la sua collocazione al pubblico.

Povera “Spigolatrice”, già creatura immaginaria di un Risorgimento oleografico, eroina in versi che ci hanno fatto mandare a memoria sui banchi delle elementari, non meritava tanto, né soprattutto meritava la consueta attenzione delle solite pasionarie a cominciare da Laura Boldrini per terminare con Monica Cirinnà, subito pronte a levare gli scudi e con il dito indice e vindice stigmatizzare l’offesa alla storia delle donne.

Se c’è un’offesa, a mio immodesto parere, è quella alle forme armoniose di una figura muliebre. Certo, avremmo preferito appunto le opulente carni della Dafne di Gian Lorenzo Bernini o quelle della Paolina Borghese di Antonio Canova. Lasciamo quindi stare ancora una volta l’ipocrita atteggiamento moralistico della sinistra (ma qualcuno della mia età si ricorda Porci con le ali?) i cui rappresentanti, da braghettoni del Terzo millennio, subito s’adontano per un gluteo – non straordinario – malamente velato da un drappeggio? Mi spiegherebbe poi, di grazia, l’ex presidente (scusate scrivo presidente e non scriverò mai presidenta) della Camera dei deputati, Laura Boldrini, cosa voglia dire il suo tweet: “Ma come possono perfino le istituzioni accettare la rappresentazione della donna come corpo sessualizzato? Il maschilismo è uno dei mali dell’Italia”?

Fatemi capire… un artista dovrebbe rappresentare una donna senza che il corpo di questa fosse “sessualizzato”? Allora scolpiamo o fondiamo nel bronzo l’asse da surf? Chissà le grasse risate di tutti i più grandi scultori dell’umanità, certo quella sessista e patriarcale occidentale, che vanno da Fidia e Prassitele sino appunto a Giacomo Manzù, Libero Andreotti o altri del Novecento! Ovviamente subito si è adeguata Monica Cirinnà, invocando la rimozione dell’opera sessista e avvilente, quindi imbarazzante per ogni donna dotata di curve. Temo sinceramente cosa potrebbero dire ad esempio a riguardo della ben nota statua della Sirenetta di Copenaghen, tutta nuda e solitaria sullo scoglio, per la quale venne addirittura usata la moglie dello stesso scultore come modella. Perfetto esempio di sfruttamento sessista del corpo d’una donna, per di più soggetta al patriarcato maschilista!

Ma ci rendiamo conto o no, che siamo da tempo andati oltre qualsiasi senso del ridicolo, che faremmo sghignazzare i pudibondi sacerdoti che con il Concilio di Trento crearono la Controriforma, che forse persino uno dei più ottusi puritani al seguito di Oliver Cromwell, direbbe che in questo Paese siamo ormai tutti impazziti? Allora lasciamo correre le solite intemperanze delle onorevoli sempre sul piede di guerra contro tutto ciò che non comprendono e lasciamo pure a Sapri l’opera, in verità non eccelsa, che ricorda nella sua iconicità un po’ naif, comunque, una giovane che ha visto cadere trecento suoi connazionali che credevano in un ideale. Non era gli spartani di Leonida alle Termopili certo, né la giovinetta era la fiera regina Gorgo, ma ricorda ancora, anche nelle sue forme non certo da pin-up, un simbolo che oggi, la sinistra rappresentata da Cirinnà e da Boldrini ha dimenticato: la libertà.


di Dalmazio Frau