Mattarella e le brutte figure dell’Europa su Kabul

martedì 31 agosto 2021


L’assordante silenzio dell’Unione europea a proposito della tragedia afghana, che tra l’altro non vede estraneo il Vecchio Continente, è stato rotto nientepopodimeno che da un capo di Stato: il nostro. E per fortuna, si vorrebbe chiosare; se non fosse che il suo monito, più che in ritardo, potrebbe sembrare scontato nel solco della ripetitività retorica degli “europeisti un tanto al chilo” che continuano ad affollare la vuotaggine dei discorsi fintamente europeistici come si addice, appunto, alla fiction.

Meglio tardi che mai, dunque, questo monito di Sergio Mattarella e speriamo che abbia un seguito sia nei fatti che nel rompere altri silenzi non soltanto “sconcertanti” ma simbolo di quei “gelidi antipatizzanti” della Unione europea che, di fatto, hanno impedito un approccio serio alla questione di Kabul non soltanto voltandole le spalle, ma relegandola a un tempo e a uno snodo astratti, lontani, estranei.

La narrazione drammatica delle giornate afghane, aggravate dalla incredibile fuga di Joe Biden, sarebbe degna di un grande poeta come un redivivo Dante Alighieri – ma ben fermo nei gironi infernali – se quella realtà non imponesse una solidarietà di azioni, di scelte, di interventi che, soprattutto da parte dell’Europa, sono colpevolmente mancati. Parlando non a caso da Ventotene, così ricco di ricordi, il presidente della Repubblica ha messo con coraggio e senza fronzoli il dito nella piaga, evidenziando che l’Europa in quella tormentata terra ha fallito non perché ha fatto male, ma semplicemente perché non ha fatto. Un vuoto, un’assenza, un tradimento non di facili e scontate promesse ma di impegni etici, di garanzie concrete, di impegni fattuali in nome di una declinazione di valori e di principi basilari di cui Mattarella ha esemplificato la portata da tempo di guerra indicando in un esercito europeo una soluzione e, contestualmente, una dimensione di un presente in cui si assiste a un cambio di paradigma nelle relazioni diplomatiche in una autentica eccezionalità storica che non può essere affrontata al ritmo di una campagna elettorale permanente.

Certo, l’intervento presidenziale non poteva non richiamare responsabilità interne ed esterne sul problema dei profughi, non avvolgendolo nel felpato e sfumato idioma a lui caro ma sottolineandone la drammaticità a fronte, appunto, di comportamenti sconcertanti, aggettivo così distante dalle forme quirinalizie. Ma ciò che non può e non potrà passare in silenzio è la presa d’atto per certi aspetti nuova, se non sorprendente in un sicuro atlantista come Mattarella, a proposito della creazione di un sistema difensivo da parte di una Europa che mai avrebbe pensato di assistere alla ritirata della più grande potenza del mondo, lasciando nei guai i propri alleati. Taluni, anche da noi, teorici di un sovranismo che, leggendo attentamente questa lezione da Ventotene, non potrebbe che essere europeo.


di Paolo Pillitteri