Dalla tragedia afghana la spinta per forze armate comuni dell’Unione europea

lunedì 30 agosto 2021


Il generale Claudio Graziano, presidente del Comitato militare dell’Unione europea, sulla situazione venutasi a generare con l’arrogante isolazionismo nordamericano dell’Amministrazione di Joe Biden, il quale ha obbligato alla fuga dall’Afghanistan di tutti gli alleati senza avviso, ha affermato in una intervista a Il Foglio del 27 agosto come “la difesa degli interessi comuni dell’Ue e la sicurezza dei cittadini siano perseguibili solo insieme, esprimendo una singola, autorevole e credibile voce europea”.

Il direttore di quel giornale, Claudio Cerasa, gli fa eco il giorno successivo. Sottolinea la necessità d’una difesa comune, con un coordinamento degli eserciti europei che non ci renda più ostaggio dell’isolazionismo nordamericano. Ricorda come nel 1999 fu istituito un primo battaglione comunitario formato di 1500 uomini, che avrebbe dovuto trasformarsi in un esercito di 60mila persone entro il 2003, cosa mai avvenuta. Cita poi la cosiddetta Bussola strategica dell’Unione europea, per coordinare gli Stati membri nell’individuare le minacce alla sicurezza europea prioritarie nell’arco di cinque-dieci anni, da approvarsi a prossima scadenza; ma omette la decisione di istituire brigate, unità navali ed aeree comuni.

Claudio Cerasa insiste sul coordinamento delle forze armate degli Stati membri. Giustamente sottolinea come nessuno voglia sciogliere l’Alleanza Atlantica, ma mettere l’Unione europea in grado d’essere autonoma nella difesa del proprio territorio e dei suoi interessi. Ci voleva la rotta afghana per far scrivere ad altri quanto sviluppato su queste colonne da mesi, forse anni, con una differenza, però, non di poco conto. Quanto alle dimensioni delle forze armate comuni si è qui ricordato come il trattato istitutivo della Comunità europea di difesa degli anni Cinquanta del secolo scorso, già firmato ma poi non ratificato dall’Assemblea nazionale francese, parlasse di divisioni e non di brigate comuni, e le dimensioni fanno la differenza.

Per quanto concerne, poi, il coordinamento delle forze armate degli Stati membri, si pose e si pone in queste colonne la questione della catena di comando. Per impiegare forze armate in modo comune, bisogna approntare un meccanismo per metterle, all’occorrenza, sotto una unica catena di comando, sopranazionale, dell’Unione europea. Se poi i soliti polacchi o ungheresi non ci stessero, è bene fare loro presente come non si voglia una Unione europea autonoma per mettersi sotto il loro ricatto e, forse, proprio loro abbiano bisogno più d’altri di essere difesi.


di Riccardo Scarpa