Agroalimentare, logistica e il ruolo del Mezzogiorno

mercoledì 25 agosto 2021


Nell’arco di appena venti anni sono cambiati integralmente i processi logistici, le logiche legate alla produzione, e, soprattutto, le forme di distribuzione dei prodotti. Forse se non ci fosse stato un accordo sottoscritto tra i gestori degli interporti e quelli preposti alla gestione dei mercati all’ingrosso sicuramente non avremmo capito cosa sia questa tessera del sistema economico non di un ambito limitato ma dell’intero Paese. Ultimamente Marco Marino ci ha raccontato questo grande evento e in particolare ci ha fornito una serie di dati e di informazioni che penso denuncino da soli quanto sia determinante questo segmento della produzione e della logistica per la crescita del Prodotto interno lordo. Intanto il nostro Paese dispone di 24 interporti al cui interno si movimentano annualmente oltre 65 milioni di tonnellate di merci del comparto agroalimentare; una rete che dispone di 5 milioni di metri quadrati di magazzini ed effettua 50mila treni intermodali all’anno. A questi nodi intermodali si contrappongono i mercati agroalimentari all’ingrosso più importanti d’Italia; 17 centri di distribuzione che movimentano circa 5 milioni di tonnellate di merce l’anno tra ortofrutta, prodotti ittici, carne e dove lavorano oltre 23mila addetti.

Ebbene, con l’accordo sottoscritto da questi due mondi, uno della produzione e uno della logistica, prende corpo una storica alleanza; in tal modo, infatti, si dà piena e misurabile concretezza all’obiettivo di contribuire al miglioramento della competitività del sistema produttivo e logistico nazionale, sia per i trasporti di prodotti alimentari freschi sulla lunga distanza sia nella logistica dell’ultimo miglio, riducendo sprechi e inefficienze. Purtroppo, oggi il trasporto di merci su strada continua a essere preferito rispetto alle altre modalità di trasporto anche per la catena logistica agroalimentare, data la deperibilità dei prodotti. Questo accordo potrebbe convincere un numero di operatori ad affidarsi al treno.

Preso atto di questi dati e di questo storico impegno reciproco di due mondi che devono necessariamente essere sempre più fra loro integrati e interagenti, ci chiediamo chi garantirà nei prossimi anni delle condizioni essenziali perché tale organica collaborazione, tale rapporto tra impianti fissi (interporti, piastre logistiche, centri di distribuzione) e organizzazioni dinamiche come coloro che danno vita ai mercati all’ingrosso, non soffra una quasi obbligata crisi di crescita; una crisi di crescita che oltre all’aumento della domanda dovrà anche subire quella legata alla saturazione o alla non adeguatezza delle reti stradali e ferroviarie.

Ho parlato a ragione di crisi di crescita perché proprio in questo periodo, caratterizzato dalla pandemia, abbiamo potuto scoprire la forte e obbligata incidenza, all’interno del vasto comparto dei consumi, all’interno della filiera legata ai prodotti agro alimentari e se entriamo nel merito dell’intero ciclo, della storia che caratterizza l’intero iter che il prodotto agroalimentare deve seguire dal momento in cui viene preso dalla pianta alla fase in cui viene manipolato e avviato attraverso adeguato packaging ai mercati, scopriamo quanto ci sia ancora da fare per incrementare, in modo sostanziale, l’attuale esiguo valore aggiunto.

Questo approfondimento ci porta, ripeto, a scoprire la dimensione e la rilevanza strategica di tali attività ma, al tempo stesso, ci pone di fronte a una scontata evoluzione e a un aumento dei consumi e automaticamente ci porta a una obbligata considerazione, a un obbligato interrogativo: quale ruolo svolge il Mezzogiorno e quale rischio alla luce di una crescita del comparto corre sempre il Mezzogiorno? Intanto, se effettuiamo una lettura dell’Unione interporti riuniti (Uir), cioè dell’associazione nazionale dei soggetti gestori delle infrastrutture logistiche italiane, scopriamo che l’associazione oggi utilizza i seguenti 24 siti logistici (vedi elenco).

Scopriamo che nel Mezzogiorno ci sono solo cinque siti. Se analizziamo i cinque siti, ci rendiamo conto che trattasi di impianti del tutto scollegati dalle reti o collegati solo parzialmente. Scopriamo che, nella maggior parte dei casi, il valore aggiunto prodotto dalla movimentazione e dalla manipolazione delle merci, e quindi dalle attività strettamente logistiche, è fatta da operatori non locali. Eppure, e qui prende corpo uno dei grandi paradossi del Mezzogiorno, oltre il 50 per cento della produzione agroalimentare avviene proprio nel Sud del Paese. Questo dato da solo denuncia, da un lato, il danno sistematico che annualmente si arreca a coloro che garantiscono la produzione e la logistica della loro produzione e, dall’altro, quanto questo pesi sulla competitività del settore agroalimentare del Mezzogiorno e dell’intero Paese. È chiaro che questa mia banale constatazione è nota da sempre ed è al tempo stesso chiaro che una grande responsabilità ricada nello Stato e, in modo particolare, nelle Amministrazioni regionali.

Prendiamo lo strumento dei Piani operativi regionali (Por): se invece di essere gestito in modo frantumato, cioè assegnando alle singole Regioni quote percentuali, si fossero identificati progetti organici a vantaggio di tutte le realtà del Sud, sicuramente avremmo avuto oggi una offerta infrastrutturale più coerente alle esigenze di un comparto, quello agroalimentare, che rappresenta uno dei volani chiave della crescita del Mezzogiorno e, soprattutto, avremmo evitato di “non spendere” le risorse messe a disposizione dalla Unione europea. Lo ricordo sempre perché penso sia utile non dimenticarlo: dei 54 miliardi del Fondo di coesione e sviluppo 2014-2020 abbiamo speso solo 3.800 milioni. Per questo motivo ritengo che sarebbe opportuno che le risorse ancora non impegnate di quel Fondo di coesione e sviluppo pari a circa 30 miliardi di euro da spendere entro e non oltre il 31 dicembre del 2023 potessero essere, per una quota almeno del 30 per cento, assegnate per dare attuazione a una serie di interventi sia sulle reti che sui nodi interessati proprio dai flussi legati alla filiera agroalimentare.

Questo volano di risorse, d’altra parte, sarebbe complementare a quanto previsto già nel Recovery Plan proprio per incrementare la funzionalità dell’intero sistema logistico in particolare quello relativo alle interazioni con i sistemi portuali.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole


di Ercole Incalza (*)