La riforma che non piace

mercoledì 4 agosto 2021


Allora, la riforma è passata. Possiamo dire che era il massimo che si potesse avere, o che si tratti di una débâcle. In entrambi i casi, non faremmo altro che riconoscere, più ancora che una inesistente sconfitta, la nostra incapacità di incidere sulle scelte del legislatore. Il Parlamento è infarcito di avvocati, che, salvo rarissime eccezioni, non sanno di esserlo. Forse, non lo sono affatto. Allora: la riforma è fatta, in nome dell’Europa, che chiedeva riforme in cambio di soldi. Perfetto. Mi chiedo, tuttavia, se all’Europa interessasse anche il come e se le scelte tecniche siano frutto di imposizione.

Io penso che abbiamo fatto tutto da soli e che gli avvocati, oggi, abbiano un peso politico del tutto irrilevante. Non credo che l’inconsistenza politica della classe forense sia ascrivibile a colpe di qualcuno. La verità è che sono cambiati i tempi: tira un’aria in cui uno come Alfonso Bonafede può aspirare a diventare ministro della Giustizia; il comune sentire non è certo di orientamento garantista. Dunque, la riforma è questa. Durerà e non sarà scalfita in nome dei superiori interessi della Nazione. Ma a me non piace. Almeno, questo io lo dico.


di Mauro Anetrini