Approvazione delle missioni militari con l’incognita Emirati Arabi

martedì 6 luglio 2021


In questi giorni approda in Parlamento la deliberazione elaborata dal Governo per autorizzare le missioni militari all’estero per l’anno in corso: la legge quadro prevede che ogni anno gli impegni internazionali siano autorizzati e finanziati mediante due diversi documenti che distinguono l’avvio di nuove missioni e la proroga delle stesse per l’anno successivo.

Il primo passaggio procedurale indicato dalla legge è rappresentato da un’apposita delibera del Consiglio dei ministri da adottarsi previa comunicazione al presidente della Repubblica, da trasmettere al Parlamento per la discussione e il placet. Il Governo indica per ciascuna missione l’area geografica di intervento, gli obiettivi, la base giuridica di riferimento, la composizione degli assetti da inviare, compreso il numero massimo delle unità di personale coinvolte, nonché la durata programmata e il fabbisogno finanziario per l’anno in corso. Dovrà, inoltre, essere allegata la relazione tecnica sulla quantificazione degli oneri che per quest’anno ammontano a un miliardo e 245 milioni di euro.

L’avvio del dibattito parlamentare quest’anno ha coinciso con il rientro in Patria del contingente in Afghanistan per termine della missione Resolute Support, subentrata dal primo gennaio 2015 alla missione Isaf. Il tributo pagato dalle nostre Forze Armate nei venti anni di presenza in quel teatro è stato altissimo: 53 vittime e oltre 700 feriti. Solo grazie alle soluzioni individuate dal comandante del Coi (Comando operativo di vertice interforze), il Generale Luciano Portolano, in alternativa al transito negli Emirati – al momento vietato – è stato possibile l’immane sforzo logistico per consentire il rimpatrio nei tempi previsti.

Se la chiusura della base afghana di Herat costituisce la principale novità tra le missioni terminate, le nuove sono solo due e quella più rilevante riguarda l’adesione alla missione europea Emasoh, nello stretto di Hormuz, che prevede un dispiegamento massimo di 193 unità, con una nave e due assetti aerei.

Nessun aumento della presenza in Libia, dove lo scorso anno la maggioranza si era spaccata. La missione bilaterale di assistenza e supporto in Libia (Mibil) ha l’obiettivo di assistere il Governo libico nel campo sanitario, di sminamento, di formazione delle forze di sicurezza. Nella delibera scompare la missione di supporto alla Guardia costiera per il controllo dell’immigrazione illegale mediante il ripristino dell’efficienza degli assetti terrestri e navali locali. Fra i compiti della missione sono anche confluite le attività della precedente missione sanitaria denominata Ippocrate con base presso un ospedale da campo installato presso l’aeroporto di Misurata.

Il dispositivo è integrato dall’operazione navale Eunavfor Med Irini, generata lo scorso anno per contribuire a prevenire il traffico di armi relativo all’embargo sulle armi nei confronti della Libia. La nostra Marina continuerà ad essere presente anche nel Golfo di Guinea e nel Golfo di Aden per attività antipirateria.

In Africa è confermata l’attenzione per il Sahel dove dallo scorso aprile è operativa la task-force Takuba, operazione multinazionale di forze speciali per contrastare la minaccia terroristica jihadista nella zona delle tre frontiere tra Mali, Burkina Faso e Niger. Si aggiunge al Niger, dove l’Italia è presente dal 2018 con la “Missione bilaterale di supporto”, con un dispiegamento massimo di 295 militari, confermati anche nella delibera in esame. Qui finalmente, a seguito della firma delle note verbali tra i due governi, sarà possibile realizzare una base logistica che fungerà da hub nazionale funzionale anche alle attività della missione Takuba.

Una parziale novità riguarda gli impegni in Iraq, in linea con il potenziamento del ruolo della Nato nel Paese. Nel 2020 l’Italia ha autorizzato un dispiegamento di 1.100 unità per l’operazione Prima Parthica, all’interno della Coalizione anti-Daesh e di 46 unità per la Nato training mission. Nella nuova delibera si registra il parziale spostamento di assetti dalla Coalizione alla missione Nato, con quest’ultima che sale a circa 280 unità, oltre 200 in più rispetto al 2020.

C’è un leggero aumento anche per l’impegno in Libano, che vede l’Italia da anni al comando della missione Unifil. La delibera prevede un dispiegamento massimo di 1.301 unità anziché i 1.076 del 2020, con l’aggiunta di un assetto navale che consentirà all’Italia di aderire da quest’anno alla Maritime task force di Unifil con l’obiettivo di accrescere il peso nell’impegno Onu e di controllare maggiormente il mare antistante. Infine, c’è la conferma per l’altro grande impegno della Difesa italiana: i Balcani. Per la missione Nato Kfor, in Kosovo, è autorizzato un dispiegamento massimo di 638 unità. In tutto sono 40 gli impegni all’estero previsti dai documenti per una forza complessiva che potrà raggiungere al massimo le 9.449 unità e che consolida la posizione dell’Italia tra i primi Paesi contributori alla pace nel mondo.

Resta il problema della base di Al Minhad, negli Emirati Arabi, fondamentale per i contingenti di passaggio verso l’Iraq. I 136 militari italiani distaccati nella base sono ancora previsti dal documento ma il contenzioso generato dalla risoluzione che impedisce al Governo italiano di esportare armi in quel Paese non è ancora risolto. Per giungere a una composizione e far recedere il Governo emiratino da propositi di sfratto, i gruppi parlamentari dovranno valutare l’eventuale marcia indietro sulla risoluzione.

Dovrà essere messo sulla bilancia l’interesse nazionale italiano negli Emirati Arabi Uniti (Eau) e lo slancio umanitario che ha condotto all’atto parlamentare di revoca dell’export. Forse dovrà prendere in mano la situazione il premier Mario Draghi.


di Ferdinando Fedi