Grillo: quando la non-politica si rovescia nel suo opposto

mercoledì 30 giugno 2021


È un’idea predominante che all’origine di tutto il fenomeno grillino vi sia il predominio della sottocultura del giustizialismo che ha afferrato la questione morale e l’ha brandita come arma di distruzione della politica di massa. È la sintesi di un fenomeno messo subito tra parentesi anche se dalle urne nel corso di dieci e più anni questa parentesi si è allargata, sfondando ogni previsione e ottenendo più del 30 per cento dei voti dei cittadini.

Certo, i cannoneggiamenti giustizialisti hanno fatto la loro parte, riprendendosi da una piccola sosta dopo le loro esplosioni con “Mani Pulite” ma, proprio come nel caso di Tangentopoli, senza il contributo mediatico il grillismo sarebbe rimasto in confini ristretti senza farsi partito, per di più in nome dell’antipolitica di cui la casta è la degenerazione per dir così criminale.

Ma se il “manifesto ideologico” della creatura del comico genovese può senz’altro essere rintracciato nel libro “La Casta” di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo diventando spesso la continuazione di quel manipulitismo anche con Silvio Berlusconi, l’ideologia di cui si parla è trasformata da Grillo in una bomba dall’unico scopo distruttivo: l’eliminazione della politica tout court. Un’operazione scientifica cui si sono prestati politici, scrittori, giornalisti, filosofi, grand commis de l’état. Non solo, ma nella versione grillina, l’operazione si è subito rivelata di infimo livello, priva di un minimo di rispetto, senza un qualsiasi respiro, con cadute di stile linguistiche espressione di una scurrile volgarità di fondo a base di insulti ad personam. Il che è tipico di chi non ha idee.

La mano, anzi la parola lasciata libera a Grillo ha inevitabilmente prodotto sedimenti, imitazioni, iniettando contagi, rendendo ciò che restava della politica una sorta di terra di nessuno occupata da urla e da profezie minacciose del tipo “non venite a rompermi co...ioni sulla democrazia. Se c’è chi reputa che io non sia democratico e che Casaleggio si prende i soldi, prende e si toglie dalle balle”.

Ebbene, a una frase del genere nessun grillino osò rispondere a meno che avesse deciso di andarsene sbattendo la porta, ma adesso la musica è cambiata e Giuseppe Conte non glie le manda a dire, ponendo paletti e argini alle esondazioni di un Grillo ormai sul viale del tramonto. E non si tratta di decidere chi abbia vinto questa mano perché, fin da ora, non è solo Grillo che perde ma è il suo sistema autoritario e totalitario, il suo decidere da sé, la sua ridicola meta-ideologia del non partito che gli si rivolta contro. La non politica che si rovescia nel suo opposto.

Nessuna grandezza in questo finale di partita ma, al contrario, l’esplicarsi di una farsa in cui il padrone ha perso il controllo aziendale, accorgendosi in limine mortis che la stessa farsa del non-partito ne rigetta gli artefici al suo comando, dopo aver cambiato opinione su tutto ma proprio tutto sulle alleanze, sull’Europa, sulla partecipazione agli show, sull’euro, sulla Tav, sulle trivellazioni.

Rimane il tabù del terzo mandato, ma c’è da scommettere che l’Elevato farà una mossa a latere per superare l’impasse. Fra gli abbracci di Luigi Di Maio.


di Paolo Pillitteri