La natura del potere, tra tecnica e politica

martedì 1 giugno 2021


Quale è oggi il Volto del Potere? Il filosofo Massimo Cacciari, nel suo editoriale su La Stampa del 31 maggio dal titolo “Il Tecnico e i silenzi del Politico”, ne individua la forma più insidiosa per la democrazia rappresentativa in quei Paesi (vedi Russia e Cina) che decideranno il destino futuro del nostro mondo, e nei quali il Potere è una simbiosi di potenze politiche, tecniche ed economiche consolidatesi “in forme del tutto estranee alla nostra idea di democrazia”.

Il modello dell’autocrazia comunista cinese, in questo senso, è emblematico per il suo straordinario mix di pragmatismo, dogmatismo e dirigismo. Da un lato, infatti, il regime di Xi Jinping consente a un immenso conglomerato di interessi economici, tecnologici e finanziari cinesi di sfidare sui mercati finanziari internazionali, per grandiosità e volume d’affari, le gigantesche Major americane che vanno sotto il nome collettivo (ma non esaustivo!) di “Gafa”, ovvero Google, Amazon, Facebook, Apple. Dall’altro, fa prevalere la sua visione ideologica penalizzando, ad esempio, gli interessi della Holding del gigante dell’e-commerce Ali Baba di proprietà del mandarino Jack Ma (l’omologo di Jeff Bezos di Amazon), con il fine di porre un limite politico-ideologico alla sua capacità ad agire come attore indipendente all'interno della globalizzazione.

Non solo: per ridurre l’enorme divario esistente tra i grandi ricchi e la popolazione più povera della Cina, i responsabili di imprese e società a conduzione privata o mista sono stati richiamati d’autorità dal Partito Comunista cinese (Pcc) alla responsabilità sociale, riconciliando il profitto d’impresa con il benessere e la qualità della vita di cittadini e lavoratori. Per affermare la nuova guidance, il Pcc non ha esitato a riesumare e modernizzare lo schema dei comitati di fabbrica e dei commissari politici, per il controllo di massima delle produzioni high-tec, al fine di orientare e allineare le decisioni corporate al rispetto delle politiche di Governo.

La strategia del vertice politico del Pcc è chiara: assicurarsi il sostanziale controllo dei dipartimenti risorse umane delle imprese private che, a loro volta, avranno cura di strumentalizzare l’istituzione dei comitati per non avere troppi intralci dal potere centrale, al momento delle scelte d’investimento. E qui da noi, che cosa sta esattamente succedendo con il Governo ecumenista di Mario Draghi? Quest’ultimo rappresenta o no una neo-simbiosi tra i nuovi Poteri forti e la politica nazionale e globale? Ovvero, nasce esclusivamente per un semplice calcolo opportunistico dei Partiti e dei grandi comitati d'affari, al fine di spartirsi il bottino del Recovery Fund per la sostanziosa parte (a debito futuro!) destinata all’Italia?

La risposta sta, con tutta probabilità, nella ricerca di un nuovo catalizzatore politico-ideologico (impersonato da tecnocrati come Mario Draghi e Giuseppe Conte) che rimetta ordine nei tradizionali schieramenti delle aree contrapposte, ma saldamente orientate al centro, di sinistra come di destra, più o meno elettoralmente equivalenti, una volta sommate le loro rappresentanze politiche parlamentari attuali. Il problema vero, tuttavia, è oggi rappresentato dall'abbondanza e prevalenza assoluta della tattica rispetto alla strategia.

La causa di questo sconcertante disordine va ricercata nell’assoluta impreparazione della classe politica italiana che, malgrado tutti i tentativi di travestimento, non è mai riuscita a liberarsi degli schemi interpretativi che hanno contraddistinto fin dal XIX secolo la nozione di “Destra” e di “Sinistra”. Il difetto sta, in modo evidente, nella distanza che separa oggi la Tecnica e l’Economia dalla Politica, a causa delle fortissime accelerazioni che le prime due sono in grado di impartire e imporre a livello globale, senza che la Regina delle Scelte (la tanto declamata Volontà Popolare) sappia più fare sintesi, elevando le proprie decisioni al di sopra delle ragioni di marketing delle due più potenti realtà contemporanee. Mario Draghi è un politico o un illustre tecnocrate che deve amministrare un grande capitale, rendendone il più possibile produttivi gli impieghi?

E come potrà mai riuscirci se la mostruosa, elefantiaca e inefficiente macchina pubblica è monopolizzata da migliaia di attori che hanno padrini disseminati in tutte le forze politiche che, da parte loro, guardano agli interessi del pubblico impiego come se fossero gli unici possibili da tenere in considerazione per le loro fortune elettorali? Che cosa accadrà quando molte decine di miliardi dovranno per forza di cose essere affidati nelle mani di burocrazie regionali altrettanto vischiose, farraginose e incompetenti per la realizzazione dei grandi progetti del Pnrr? Le riforme di sistema che con grandissima fatica verranno impostate dall’attuale Governo (che, comunque, non potrà andare oltre il 2023!) saranno davvero portate a compimento entro il 2026? È chiaro a tutti che, se non fosse possibile rispettare le scadenze fissate da Bruxelles, l’Italia perderà il treno dello sviluppo promosso dal Recovery Fund.

Del resto, com’è possibile che i neo-populismi di Lega e M5S si siano spenti in un’alleanza consociativa indistinta, all’interno di una coalizione di Governo con dentro (quasi) tutti? Che fine hanno fatto le anime super-combattive di quelli che comiziavano infervorati nelle piazze e nelle aule parlamentari contro l’euro e l’Europa? Si sono dimessi dai loro incarichi, o hanno giurato definitivamente lealtà ai padroni di sempre, gettando alle ortiche la divisa dei contestatori antileadership, preferendo essi stessi farsi casta per conservare i propri privilegi e posti al sole?

Che cos’è, in buona sostanza, la politica oggi, se non idee liquide fatte di slogan e dichiarazioni à la carte e a perdere, per saziare la fame social inondando la Rete con dichiarazioni di fuoco che non hanno quasi mai un risvolto pratico? Non ci sarà ricompattamento né a destra come a sinistra se non emergerà una leadership, in un campo come nell’altro, che sappia enunciare con chiarezza un’innovativa (e preferibilmente rivoluzionaria!) idea-Paese, disegnando un chiaro obiettivo di destino comune, di ciò che dobbiamo diventare, dei cambiamenti e dei sacrifici che dovremo affrontare per rimetterci al passo con le economie più evolute dell’Occidente.

Ricostruire la sublime arte delle scelte in politica significa comprendere sino in fondo come funzionano oggi la Tecnica e l’Economia, riedificando su nuove basi la catena di comando per la difesa degli interessi della Nazione e della sua società.


di Maurizio Guaitoli