Candidati sindaco cercansi disperatamente

martedì 25 maggio 2021


Se Atene piange, Sparta non ride. Tradotto: se il centrosinistra brancola nel buio, il centrodestra annaspa. Anche in questo schieramento è tuttora un rompicapo l’individuazione dei candidati sindaco per le elezioni d’inizio autunno.

Si voterà, complessivamente, in 1329 Comuni. Sei i capoluoghi di regione: Torino, Milano, Bologna, Roma, Napoli e Trieste. E quattordici i capoluoghi di provincia: Benevento, Caserta, Salerno, per la Campania; Cosenza, per la Calabria; Ravenna e Rimini, per l’Emilia-Romagna; Pordenone e Latina, rispettivamente per Friuli Venezia-Giulia e Lazio; Savona, per la Liguria; Varese per la Lombardia; Isernia, per il Molise; Novara e Carbonia, rispettivamente per Piemonte e Sardegna; Grosseto per la Toscana.

La posta, dunque, è alta, non solo perché si eleggerà il sindaco della Capitale d’Italia, ma perché l’esito del voto potrebbe segnare il futuro degli accoppiamenti tra i partiti in vista delle elezioni nazionali.

Ieri, a Roma, si sono incontrati i leader del centrodestra: tanti i nomi in pista, nessuna decisione. Al di là della cronaca, c’è un dato politico da analizzare: il centrodestra si presenterà unito in tutte le città, a differenza del centrosinistra, che avrà a Roma tre candidati e in altre città quasi certamente più di uno.

L’unitarietà del centrodestra, però, va letta per quello che è, senza enfatizzarla e infiocchettarla di retorica. Come tutte le scelte, infatti, anche questa ha più facce. L’unità consentirà, anzitutto e sperabilmente, di compattare l’elettorato d’area. E questo è un fatto in sé positivo, perché la vittoria spesso passa proprio dall’unità.

Dalle dichiarazioni dei leader emerge poi un altro aspetto, che potrebbe essere premiato dall’elettorato. Hanno detto che i candidati saranno pescati dalla così detta “società civile”. Questa decisione testimonia la capacità della coalizione di saper raccogliere il sentimento di una parte consistente dell’elettorato, disposto a votare per un disegno politico bensì sufficientemente omogeneo, ma anche in grado di dare soluzioni concrete alle esigenze delle città. Soluzioni che potrebbero arrivare, proprio, da professionalità esterne ai partiti. La compattezza, allora, in questa logica, diventa anche garanzia di coesione nella gestione futura dei problemi e quindi elemento di ulteriore garanzia per i potenziali elettori.

Vi è da dire che l’incertezza sulle candidature e la proposizione di volti sconosciuti alla maggioranza del corpo elettorale, però, potrebbe essere interpretata anche come debolezza della politica. Non aver formato per tempo una classe dirigente adeguata, dando gradualmente voce a nuove professionalità, potrebbe giocare a sfavore non soltanto dei partiti dello schieramento, ma anche dei singoli aspiranti, quale che sia il loro nome.

Se nel “tempo ordinario” il cerchio ristretto dei chierici del potere non ammette intrusioni, la selezione al fotofinish, mentre dimostra l’impermeabilità del potere stesso, non garantisce affatto che la scelta cada sul candidato migliore. Guidare le comunità richiede non soltanto un minimo di esperienza già acquisita nella gestione della cosa pubblica, ma anche la conoscenza ravvicinata dei problemi.

Da questo punto di vista, allora, non si può escludere che l’elettorato, seppure d’area, finisca per disattendere le indicazioni, stanco di trovarsi sulle schede nomi precipitati all’ultimo momento.

“Chi ha tempo, non aspetti tempo”, dice un vecchio adagio contadino. E il fatto che Atene pianga non può diventare motivo di consolazione, né per Sparta né per il virtuosismo del gioco politico.

 


di Alessandro Giovannini