giovedì 22 aprile 2021
Ma Beppe Grillo è davvero quel grande comunicatore che per anni è stato ritenuto? A giudicare dai danni che sta facendo a suo figlio con le proprie esternazioni via Facebook non si direbbe proprio. Un’inchiesta che per due anni era stata tenuta sotto-traccia grazie all’incredibile riserbo della magistratura di Tempio Pausania, coniugato con il più che sospetto disinteresse pressoché totale dei cosiddetti “giornaloni”, adesso è sulla bocca di tutti.
Prime pagine, pensosi editoriali delle varie Natalia Aspesi, dibattiti televisivi persino su La7 a “Dimartedì” – non in Rai va detto – sono il risultato di quella tracotanza isterica con cui alla fine Grillo ha comunicato la propria banale difesa d’ufficio, comune, dai tremendi fatti del Circeo in poi, a ciascun accusato di stupro. Anzi forse fin dai tempi del Ratto delle Sabine: è stata la donna a provocare. Silenziamo per carità di patria i commenti della mammina figlia di un ex grande papavero del regime degli ayatollah in Iran, che per l’occasione ha espresso analoghi concetti ancora più tristi se in bocca a una donna. Che sembra odiare “quelle altre” che insidiano le virtù del proprio pargoletto. Incurante anche lei di essersi impigliata in un cliché.
Insomma, una pochade con accenti tragici. E questo sarebbe il grande comunicatore che i vari Michele Santoro inseguivano a suo tempo nelle piazze, mandando i cronisti d’assalto a “sentire cosa ne pensa Grillo”? Viene da crede che una gran massa di italiani sia rimasta vittima di un’allucinazione collettiva a proposito di questo fenomeno a metà tra il forcaiolo e il populista. Il grande Grillo ridotto, alla prima difficoltà, a tirare fuori quella misera essenza umana di cui era in realtà costituito. Ed è poco consolatorio il poter realisticamente credere, a questo punto, che fra poco tutta questa tempesta si risolverà ad annegare in un bicchiere d’acqua.
Gli italiani sotto ipnosi grillina non hanno mica il diritto di portare la propria follia nelle urne a scapito degli altri che ragionano. È ora di invocare il test psichiatrico pure prima di dare il diritto di voto. Altro che estenderlo ai sedicenni. E – per citare un noto sketch di Ettore Petrolini – di prendersi la responsabilità di buttare dalla balaustra quello che fischia lo spettacolo tanto per mettersi in mostra. Più che prendersela con colui che fischia.
di Dimitri Buffa