Il virus della disinformazione

venerdì 26 febbraio 2021


Altro che cane da guardia del potere. La nostra informazione, o almeno la gran parte, continua a terrorizzare un popolo che, senza guardare i numeri reali della pandemia in atto, è stato indotto a credere che il Covid-19 sia una malattia mortale la quale, come riportano i migliori dizionari italiani, “ha per lo più esito letale”. E sebbene tale catastrofica narrazione ben si confà con i desiderata con alcuni sinistri personaggi ancora al Governo, come il ministro della Sanità Roberto Speranza, non trova alcuna conferma nella relativa bassa letalità della citata malattia, che colpisce essenzialmente le persone molto anziane e i soggetti immunodepressi.

In questo marasma disinformativo accade sempre più di frequente che i titoli o gli incipit dei vari pezzi giornalistici non corrispondano quasi per nulla alla sostanza dell’articolo o del servizio televisivo. A tal proposito vorrei citare un paio essi, in cui mi sono imbattuto negli ultimi giorni e che mi sembrano piuttosto emblematici del clima surreale che tale informazione deviata sta contribuendo a creare.

Il primo riguarda Sky Tg24, canale d’informazione peraltro tra i meno inclini ad enfatizzare la paura del virus a tutti i costi. Eppure alcuni giorni fa, nel corso del consueto appuntamento pomeridiano sui numeri della pandemia, abbiamo assistito in diretta ad una sorta di cortocircuito comunicativo. Mentre, infatti, l’ottimo giornalista che cura la rubrica spiegava che i ricoveri e delle terapie intensive risultavano stabili da alcune settimane, sulla parte bassa dello schermo veniva mandata per tutto il tempo la seguente: salgono i ricoveri e le terapie intensive a causa della variante inglese. E tutto questo, se non ricordo male, per una decina di letti occupati in più a livello nazionale.

Il secondo caso riguarda invece il servizio pubblico televisivo, nello specifico il sito on-line di Rainews. Il 23 febbraio tale testata pubblica un articolo sulla Svezia con questo titolone: “Covid, la Svezia verso una stretta. Mascherine sui bus a Stoccolma”.

L’articolo, poi, inizia annunciando l’arrivo di misure molto dure e, sottolineando che “già oggi a Stoccolma è scattato l’obbligo delle mascherine sui mezzi pubblici”. Ma poi leggendo tutto il pezzo, cosa che in troppi oramai non fanno, scopriamo che le cose non stanno affatto in questo modo. In particolare apprendiamo dallo stesso genio che ha scritto l’articolo che “nuove misure sono già scattate nella regione di Stoccolma, tra cui la raccomandazione –ripeto raccomandazione – di usare la mascherina sui mezzi pubblici non solo durante le ore di punta e anche dove non è possibile il distanziamento, ad esempio sul posto di lavoro, nei saloni di parrucchiere in farmacia o al supermercato”.

Ora, in quest’ultimo caso l’intento è piuttosto chiaro: dimostrare che tutto il mondo, compresa l’aperturista Svezia, si stia comportando come l’Italia, adottando le nostre stesse, demenziali restrizioni. E quindi le semplici e civili raccomandazioni del grande Paese scandinavo vengono idealmente equiparate alle assurde coercizioni italiote, rimaste anche sotto la guida di Mario Draghi, che impongono manu militari di indossare la mascherina/museruola anche all’aperto e in totale isolamento.

D’altro canto, in un Paese in testa alle classifiche dell’analfabetismo funzionale questo tipo di informazione forviante regna sovrana, contribuendo non poco ad alimentare un estenuante clima di isteria collettiva.


di Claudio Romiti