venerdì 19 febbraio 2021
Lo so bene che da molti anni lo studio del latino nella scuola italiana è negletto. Tuttavia, fa sempre una certa impressione leggere termini latini, o pseudolatini, presuntivamente utilizzati da esponenti politici e riportati da giornali di veneranda tradizione in modo errato, senza che poi si possa con certezza intendere se consapevolmente oppure no. Nella specie, Roberta Lombardi, capogruppo dei pentastellati presso la Regione Lazio, interpellata dal Corriere della Sera, in data 10 febbraio, a pagina 5, circa la possibilità che Giuseppe Conte potesse divenire ministro nel governo Draghi, rispose che se ciò fosse avvenuto, per lui sarebbe stata una diminutio.
Diminutio, con la “i” fra la “d” e la “m”, dunque, non con la “e” come tutti ci saremmo attesi: deminutio e non già diminutio. Il primo termine corretto, il secondo scorretto. Tuttavia, sorprendentemente, il giornalista intervistatore Alessandro Trocino trascrive il termine errato – diminutio – in corsivo nel virgolettato che riporta fedelmente le dichiarazioni della Lombardi, mentre lo riproduce nel titolo del pezzo in grassetto e non in caratteri corsivi, ma in quelli ordinari. Orbene, ciò che mi sfugge e che davvero non so capire è se Trocino abbia usato il corsivo nel corpo del pezzo per evidenziare l’errore della Lombardi, oppure soltanto perché si tratta di un termine non italiano, ma latino. Per un momento, ho ritenuto plausibile la prima delle due risposte sopra indicate, immaginando che il giornalista, costretto a riportare la verità della espressione usata, volesse quasi prenderne le distanze, facendo intendere ai lettori che lui, ben sapendo dell’errore, non potesse fare a meno di riportarlo per fedeltà alle dichiarazioni della persona intervistata. E ciò anche perché il Corriere della Sera – per storia e per titoli acquisiti – vanta una presunzione di veridicità e di sapienza, anche grammaticale (pure nell’uso della lingua latina), difficile da scalfire. Tuttavia, il fatto che nel titolo, in grassetto e bene in evidenza, il termine erroneo fosse esibito come nulla fosse, mi instilla il dubbio che forse il giornalista non si sia reso conto della sgrammaticatura ortografica. In altre parole, o sbaglia la Lombardo e Trocino nulla fa per rimediare al suo errore; oppure Trocino non si accorge dell’errore e lo replica come nulla fosse.
Potrebbe sembrare una futilità per la quale non serva sprecare tempo, eppure son convinto che da vicende come questa – ovviamente di limitata portata – si possa comprendere molto del tempo in cui viviamo, rappresentando essa ciò che Carlo Ginzburg in chiave di ricostruzione storiografica anni or sono definiva – secondo il titolo di un suo saggio – “spia, radice di un paradigma indiziario”. E di che cosa sarebbe spia questo errore che potrei chiamare “ambulante”, in quanto scorrazza dalla Lombardi a Trocino ed alla prima ritorna senza sapere mai dove fermarsi? Di che cosa esso sarebbe origine in un percorso indiziario? Semplicemente, ma tragicamente, della scarsa capacità di esponenti politici di livello – come si presume debba essere la Lombardi – di fondare il proprio sapere su basi culturali appena passabili e purtroppo di quotidiani di alto livello – come senza dubbio è il Corriere – di porvi rimedio a beneficio dei lettori e di coloro stessi che commisero l’errore. Dal connubio di questi due elementi nasce un vero pasticcio come quello sopra descritto, non potendosi con certezza attribuire l’errore alla persona intervistata, al giornalista intervistatore oppure ad entrambi.
Rimane anche da notare come il politico intervistato manifesti la sua scarsa caratura culturale non tanto per aver commesso un errore – per il semplice motivo che tutti, nessuno escluso, siamo soggetti a sbagliare – ma molto di più perché osa avventurarsi su impervi e sconosciuti sentieri, come le citazioni in lingua latina, pur sapendo bene di non possederne la necessaria padronanza. Non poteva la Lombardi evitare la citazione latina? Non poteva limitarsi ad un uso normale della lingua italiana, per trasmettere il medesimo concetto in relazione a Conte? Certo che poteva. Nulla lo impediva. E invece no. La Lombardi sceglie di cavalcare un destriero che le sfugge di mano immediatamente e senza neppure che lei se ne accorga, esponendo ad una figuraccia sia lei che il giornalista.
Questo atteggiamento rappresenta, forse, l’aspetto più preoccupante della vicenda, dal momento che evidenzia la sicumera culturale di alcuni esponenti politici, esibita con indifferenza pari all’ignoranza. E che costoro siano a capo di organi rappresentativi e deliberanti è cosa che suscita non poco raccapriccio. Né si obietti che diminutio è soltanto una variante tardo-antica del tradizionale termine deminutio. Lo è di certo, ma per usare le varianti in modo consapevole e appropriato, occorre prima conoscere bene e padroneggiare i termini originari. Vi pare questo il caso?
di Vincenzo Vitale