Alla ricerca della crescita in presenza di un cambiamento delle categorie della democrazia

mercoledì 17 febbraio 2021


Mai avremmo immaginato una compagine di Governo composta dalla Lega e dal Movimento 5 Stelle. Mai avremmo immaginato una compagine di Governo composta dal Partito Democratico e dal Movimento 5 Stelle. Mai avremmo immaginato una compagine di Governo composta dalla Lega, dal Movimento 5 Stelle, da Forza Italia ed altri. Questa dinamicità dimostra sia a quelli della mia generazione, quindi gli anziani e figli della cosiddetta Prima Repubblica, sia a quelli delle generazioni più giovani, che è successo qualcosa di nuovo: gli schieramenti politici non sono più portatori del mandato elettorale; preciso tutti gli schieramenti, non hanno rispettato le logiche di ciò che ancora definiamo “consenso”.

Allora nasce spontaneo un interrogativo: questa sostanziale anomalia rimarrà ormai una costante caratteristica delle prossime compagini di Governo? Se così fosse scatta automaticamente una preoccupazione: che senso ha lo strumento della verifica elettorale. Noi, infatti, votiamo nella speranza che una determinata coalizione vinca oppure che le possibili coalizioni non siano sommatorie di accordi finalizzati solo alla formazione di una compagine di Governo. Questa anomalia la definiamo “proporzionale” ma il proporzionale non autorizza accordi tra schieramenti non coerenti ad una fisionomia politica, che deve necessariamente rispondere a un preciso Dna; un Dna che caratterizza determinate coalizioni e che quindi rende impossibile la formazione di coalizioni diverse, di coalizioni quanto meno anomale. Questa vera rivoluzione, questa pandemia degli assetti politici per ora ha colpito solo il Governo centrale ma sicuramente questo approccio, questo modello si estenderà nelle istituzioni locali, nelle Regioni, nelle Province, nei Comuni e questo fenomeno che sicuramente impiegherà un arco temporale non breve non superiore però ad un quinquennio, renderà più difficile e in alcuni casi impossibile quella cinghia di trasmissione che caratterizzava e che caratterizza i rapporti tra organo centrale e organo locale. In realtà, quelle possibili forme di colleganza o di non colleganza tra una compagine di Governo, con una determinata caratterizzazione politica, ed una compagine di governo locale, diventeranno sempre più rare.

Ora tutto questo, proprio in questi prossimi mesi, in questi prossimi anni, si preannuncia non facile e, in molti casi creerà delle vere crisi gestionali, delle rischiose esplosioni delle distanze tra le realtà socio-economiche che caratterizzano il Paese; mi riferisco, in particolare al Mezzogiorno, al rapporto tra un Governo centrale così mutabile ed un Mezzogiorno sommatoria di tessere di un mosaico che non è più leggibile, di un mosaico che nei fatti forse non esiste neppure. Ed allora avremo una Regione Puglia interessata essenzialmente della emergenzaTaranto”, la Regione Campania preoccupata dei mancati investimenti nel distretto industriale salernitano o nel distretto logistico Nola-Marcianise, la Regione Calabria preoccupata essenzialmente della emergenza “forestali”, la Regione Sicilia interessata a difendere tante potenziali portualità e reti ferroviarie ricche di lotti di costruzione mai terminati, la Regione Basilicata alla ricerca sempre di una rete ferroviaria locale efficiente, la Regione Molise in attesa sempre di uno spostamento dell’asse ferroviario adriatico, la Regione Sardegna sicura che nel prossimo biennio partiranno i lavori di adeguamento dell’asse viario 131 Carlo Felice. Sì, queste tessere impazzite non saranno in grado di rappresentare all’organo centrale delle proposte che, necessariamente, dovranno essere a valle di riforme organiche. Così cerco di formulare, in modo sintetico, alcuni esempi di possibili riforme.

La riforma organica della offerta aeroportuale del Mezzogiorno

Di fronte a 13 impianti aeroportuali adeguatamente strutturati come Napoli, Salerno, Foggia, Bari, Brindisi, Taranto, Crotone, Lamezia, Reggio Calabria, Catania, Comiso, Palermo e Trapani è urgente costituire una unica Società per azioni in grado di ottimizzare al massimo le singole potenzialità. In fondo, è un allargamento della esperienza degli aeroporti pugliesi che con la Seap gestiscono i quattro aeroporti pugliesi. Una unica società oltre a contenere i costi di gestione potrebbe anche dare vita ad una vera specializzazione dei singoli scali e, soprattutto, potrebbe attrezzare solo due di essi a un servizio cargo in grado di rendere efficienti e funzionali i trasporti delle primizie del comparto agroalimentare.

La riforma organica della offerta portuale

Basterebbe dare vita ad una chiara distinzione tra la portualità finalizzata al transhipment e quella destinata ad altre attività e definire i porti di Cagliari, Augusta, Gioia Tauro e Taranto come gli unici Hub del Mezzogiorno preposti ad una simile attività e trasferire la gestione di tali Hub ad unica Società per azioni. Le altre realtà portuali potrebbero rimanere legate a quanto previsto dall’attuale normativa. Il porto di Napoli, di Salerno, di Catania, di Palermo continueranno ad essere all’interno delle Autorità di sistema portuale.

Una riforma sostanziale nella offerta di trasporto pubblico locale nelle aree urbane del Mezzogiorno

Perché questa peculiarità? Perché da una attenta analisi sulle realtà urbane del Mezzogiorno è emerso che il ripiano del disavanzo della gestione delle società che gestiscono il trasporto pubblico locale da sempre non è stato in grado di mantenere standard e livelli adeguati comparabili con quelli del Centro-Nord del Paese ed in particolare, escluso la città di Napoli, in nessuna delle altre città si è in presenza di una offerta di trasporto di tipo metropolitano (escluso esempi parziali a Catania e a Salerno). Questa carenza strutturale produce un danno rilevante ai bilanci delle famiglie del Mezzogiorno, un danno annuale pari a circa 12 miliardi di euro (cifra versata annualmente dalle famiglie del Sud per la mobilità). La riforma dovrebbe consistere in una rivisitazione sostanziale dei parametri finora adottati e dovrebbe prevedere un Fondo rotativo, per la realizzazione di reti di trasporto metropolitano leggero.

Non sono le proposte di riforma, non sono i possibili progetti quello che voglio cercare di denunciare con simili indicazioni, ma solo un nuovo modo metodologico di essere “Mezzogiorno”; sì di essere portatore di esigenze non localizzabili in un determinato ambito territoriale, in un Comune, in una Regione ma portatore di esigenze che trasformano le reali potenzialità dell’intero Mezzogiorno in fattori essenziali della crescita.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole


di Ercole Incalza (*)