L’Italia torni ad essere un Paese civile

venerdì 12 febbraio 2021


Stiamo vivendo ormai da più di una settimana una grande “confusione”, una grande “confusione” che però possiamo definire, a tutti gli effetti, utile. Utile perché quello che è successo ci ha sconvolto e meravigliato in termini di collocazione politica e, soprattutto, di partecipazione allargata alla formazione di un Governo, ma, al tempo stesso, proprio in questi giorni, abbiamo assistito al crollo dei pregiudizi, al crollo delle incompatibilità.

Tutto questo è senza dubbio un indice di maturità. Ed è, a mio avviso, scorretto dichiarare la sconfitta della politica perché se di sconfitta dobbiamo parlare allora dobbiamo ammettere che si tratta della sconfitta della politica scadente. In realtà, in questi ultimi anni, specialmente in quelli in cui abbiamo assistito a compagini inimmaginabili come quella giallo-verde pima e giallo-rossa dopo, il vero fallimento non era della “politica” ma, insisto, di “una politica scadente” prodotta, dobbiamo ammetterlo, da schieramenti che si sono rivelati non adeguati e, indipendentemente dalla pandemia, oggi ci stiamo finalmente rendendo conto che il bilancio dei risultati raggiunti è poco difendibile.

Ebbene, questo prolungato periodo di politica scadente ha raggiunto una soglia talmente grave che ha portato il Presidente della Repubblica a invocare un rimedio, previsto dalla Costituzione, che ha messo in evidenza non una caparbietà ed una irresponsabile azione condotta da un singolo schieramento politico ma la incapacità di garantire ciò che, in qualsiasi Paese civile, definiamo: corretta gestione della cosa pubblica.

Questa “confusione” sicuramente servirà anche a non ripetere degli errori che difficilmente potremo dimenticare e che proprio in questi giorni stiamo capendo, stiamo misurando e, forse, stiamo scoprendo.

Voglio scegliere, in questo ricco catalogo di errori commessi proprio a partire dal 2015, uno in particolare: la gestione delle scelte sul Mezzogiorno del Paese. In una serie di miei interventi ho ripetutamente effettuato vari approfondimenti su quanto non fatto o, peggio ancora, neppure tentato di fare per il rilancio del Sud. E devo ammettere che le più volte richiamate incapacità nella attivazione della spesa, come quelle relative al Fondo Coesione e Sviluppo 2014-2020 o la mancata realizzazione della serie di opere della Legge Obiettivo approvate sin dal 2014 come, solo a titolo di esempio: un lotto della strada statale 106 Jonica, l’asse viario Caianello-Benevento (Telesina), l’Agrigento-Caltanisetta, la Palermo-Agrigento, l’asse AV/AC Palermo-Messina-Catania, il collegamento tra l’autostrada A1 ed il porto di Bari, il collegamento tra il porto di Napoli e la piastra logistica Nola-Marcianise, l’asse viario Maglie-Santa Maria di Leuca, sono tutte responsabilità meno gravi di ciò che, invece, è stata la completa assenza di una strategia concreta e misurabile per il rilancio organico del Mezzogiorno. Questa assenza, solo oggi, la misuriamo proprio esaminando le azioni annunciate e rimaste tali; mi riferisco a:

1) un “Piano per il Sud e la coesione territoriale” presentato ufficialmente a Gioia Tauro un anno fa e rimasto solo, ripeto solo, un atto programmatico;

2) le Zone Economiche Speciali (Zes) rimaste una interessante delimitazione spaziale prive di ogni supporto tecnico-economico, prive di ogni strumento procedurale in grado di attrarre interessi imprenditoriali;

3) le realtà portuali, sempre del Mezzogiorno, escluso il caso Gioia Tauro, non hanno avuto dal Governo nessun supporto capace di diventare competitive nel teatro economico del Mediterraneo, consentendo nel frattempo la crescita di porti come Algeciras, Valencia e Pireo (15 milioni di Teu in soli tre porti mentre il nostro Paese è fermo a 10 milioni di Teu);

4) lo sgravio contributivo per le aziende del Sud Italia finalizzato a sostenere l’occupazione, una decontribuzione messa in norma solo per tre mesi (ottobre, novembre e dicembre 2020) e poi inserita nella Legge di Stabilità 2021 con il vincolo però della preventiva autorizzazione della Unione europea e quindi una proposta solo teorica;

5) la sconfortante altalena sulla continuità territoriale tra il continente e la Sicilia; una ridicola disponibilità a realizzare il collegamento ma certamente non nei prossimi anni ritenendo prima necessaria una indagine sulla mobilità nell’isola e nel continente.

Allora tutto questo non poteva durare a lungo, necessariamente prima o poi doveva esplodere e ciò è avvenuto proprio con la decisione presa dal Presidente della Repubblica; una decisione che, dando vita ad una “confusione” definita prima utile, ci sta facendo capire che la via verso la normalità è lunga e complessa ma che, finalmente, oggi la stiamo intraprendendo.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole


di Ercole Incalza (*)