Se la politica-spettacolo diventa spettacolo della politica

sabato 19 dicembre 2020


Sembra un gioco di parole ma in realtà la trasformazione della politica-spettacolo nello spettacolo della politica è la conseguenza fatale di una metamorfosi della politica nella sua rappresentazione e di questa nel contenuto di quella. Il teatro o teatrino messo in atto in Libia dal duo Giuseppe Conte-Luigi Di Maio non era così finalizzato alla consegna dei pescatori di Mazara del Vallo sequestrati da Khalifa Haftar 108 giorni fa ma inteso, piuttosto, ad una doppia lettura: la portata mediatica per il duo e la legittimazione internazionale del generale libico come se fosse il vero, unico reggitore di una nazione divisa in due, oltre le altre tribù. L’avesse rappresentato Silvio Berlusconi questo “Giuseppe Conte show” facile immaginare interrogazioni, proteste battute, insulti, vignette e soprattutto il conflitto d’interessi. Di solito l’attesa delle vittime di un così lunga, assai poco motivata prigionia avviene all’aeroporto, nella loro patria ed è in questo caso più che naturale un’accoglienza ufficiale con tanto di rappresentanza governativa e dei parenti felici, ma ciò che hanno fatto Conte e Di Maio è apparso come una reverenza al sequestratore, per di più oscurando i veri artefici, cioè i responsabili dell’Aise (Agenzia informazioni e sicurezza interna), di una complessa trattativa nella quale il ruolo della Farnesina è stato minimo. Per questa ragione il rimedio con la volata in Libia del ministro degli Esteri, pronto alla partecipazione straordinaria ad una puntata del Grande Fratello a Bengasi, con la regia da remoto di Rocco Casalino.

La liberazione show dei pescatori si è svolta in una giornata impegnativa per Conte, alla vigilia dell’annunciato incontro col suo deuteragonista Matteo Renzi che nei suoi attacchi non gli aveva risparmiato un affondo sugli oltre tre mesi di colpevole inerzia libica del ministro degli Esteri. Il dissequestro diventava così un successo personale del premier, un regalo di “Babbo Natale Haftar” per presentarsi forte davanti a Renzi e ai suoi ultimatum: Mes, cambio della governance sul Recovery, basta coi pieni poteri, stop alla fondazione degli 007 (ne ha la delega e non la vuole mollare), che pure hanno svolto un ruolo non secondario nella faccenda libica. Ma a non pochi pare che proprio la voluta e studiata enfasi mediatica riveli, al contrario, qualche debolezza di fondo, una certa incertezza, un’ombra di preoccupazione. Si sa, l’uso smodato del video diventa, a volte, un’arma a doppio taglio. E lo spettacolo volante di Conte, al di là della mancata etichetta, lo fa scivolare su una buccia di banana politica, sia pure attenuata dalle fanfare mediatica.

Il suggello del Grande Fratello sul delicato dossier libico non soltanto è firmato da Casalino, suo partecipante ed ora portavoce di Conte, ma ne svuota tutte le componenti reali e le problematiche connesse, quasi irridendo ai responsabili del sequestro accomunati nella foto di gruppo al duo di cui sopra ai quali, per completare il quadro, non è mancata la geolocalizzazione dell’instancabile e creativo Casalino: “In un colpo solo riveliamo dove stanno sia Conte sia Haftar, visto mai qualcuno volesse fare un bell’attentato”. E si è corretto subito: “È stato un errore del telefono”. Una sequenza degna di un Alberto Sordi, la maschera più rappresentativa degli italici vizi cui un giovanissimo Nanni Moretti lanciò l’invettiva “ve lo meritate Alberto Sordi!”. E oggi? Basta cambiare il nome.


di Paolo Pillitteri