venerdì 11 dicembre 2020
La politica italiana non smette mai di stupirci. Usiamo un verbo forse eccesivo e ne è l’esempio l’attacco a testa bassa del ministro Alfonso Bonfede a Matteo Renzi, il quale in una sua intervista allo spagnolo “El Pais” ha caricato ulteriormente a pallettoni il fucile contro Giuseppe Conte.
La tesi del nostro Guardasigilli, nonché capodelegazione del Movimento 5 Stelle, consiste nella gravità degli attacchi renziani tanto più irresponsabili quanto più affidati ad un quotidiano straniero indebolendo gravemente gli sforzi di Conte a livello europeo in una fase estremamente difficile e bisognosa degli aiuti dell’Unione europea, onde per cui Renzi dovrebbe chiedere scusa al premier.
Prima de “El Pais” c’era stata una citazione, una sorta di intermezzo di Renzi in Senato dichiarandosi amaramente pentito per non aver chiesto le dimissioni di quel Bonafede che aveva di fatto annullato la prescrizione, “come ben s’addice a un ministro non più della Giustizia (figuramici della grazia) ma del giustizialismo”. Peccato, davvero.
Onesto benché tardivo questo rimorso renziano, ma non tanto da non stuzzicare la sdegnata reazione di un ministro, come si sa, sdraiato sul giustizialismo grillino, questo sì assai noto alle preoccupate cancellerie europee per i programmatici impulsi antieuropei e antieuro, poi attenuati in seguito alla salita al potere di un M5S divenuto ben presto esperto del doppio gioco trasformistico, anche se di rado all’altezza degli impegni assunti, salvo la continuazione delle originarie velleità populiste e, ovviamente, giustizialiste.
Insomma, si è in attesa di cosa faranno da grande quelli dei Cinque Stelle, ma che adesso faranno di tutto per evitare la crisi di Conte, per ora annunciata da Renzi con toni ultimativi qualora continuasse a gestire da “uomo solo al comando” tutti i dossier più impegnativi come quel Recovery fund regalatoci dall’Europa. Una crisi che getterebbe nello sconforto gran parte dei pentastellati a molti dei quali ben difficilmente si offrirebbe la fortuna del 2018 quando furono “strappati dalla strada e catapultati in Parlamento e oltre”.
Quanto al presidente Conte, neofita della politica, la sua difesa di Palazzo Chigi è “perinde ac cadaver” e di certo userà tutte le sue collaudate arti per tappare il buco aperto dalle ripetute minacce di una Italia Viva senza la quale non avrebbe la fiducia al Senato (salvo aiutini in extremis, impensati ma non impossibili). In queste arti, Conte è maestro: mediando, promettendo, aggirando, proponendo nel solco del manzoniano “lenire, sopire, allontanare il fuoco dalla paglia”.
Soprattutto, rinviare.
di Paolo Pillitteri