mercoledì 2 dicembre 2020
Arturo Diaconale è e resterà un emblema del giornalista liberale e, quel che è più importante, del vero galantuomo. Lo conobbi quando fu al Giornale allora di Indro Montanelli. La testata era stata fondata nel 1974, quando Il Corriere della Sera, da sempre organo di una certa borghesia italiana, sotto la proprietà dei Crespi e la direzione di Piero Ottone, si era trasformato in fiancheggiatore d’un apertura al Partito Comunista berlingueriano, spacciandolo per partito in sostanza socialdemocratico. Fu un giornale fatto da giornalisti ed intellettuali veri; oltre a Montanelli Enzo Bettiza, il vicedirettore, Eugenio Jonesco alla pagina culturale, Sergio Ricossa all’economia e tanti altri. All’inizio fu una cooperativa, ma scrivere articoli è cosa diversa dal fare l’imprenditore, anche nell’editoria. I conti non quadravano ed allora la proprietà della testata, nel 1977, passò a Silvio Berlusconi.
Quando Arturo Diaconale arrivò alla redazione romana s’accorse di un gioco consueto tra gli intellettuali italiani: farsi salvare da un imprenditore capace e poi dimostrare la loro indipendenza, snobbandolo. Arturo Diaconale era troppo gentiluomo per partecipare al giochetto. Fu indipendente ma sempre leale con chi mettesse i soldi per consentire alla testata di vivere ed essere libera. Questa mentalità liberale lo portò ad essere chiamato alla direzione de L’Opinione, organo allora del vecchio Partito Liberale Italiano. Da subito lo volle riportare ed essere un giornale vero, leale al partito di cui fu l’organo, ma non il bollettino interno di una nomenclatura. Da allora l’amicizia si trasformò in collaborazione. Collaborazione esterna di un liberale come lui, avvocato ed occasionalmente accademico a contratto. Tanto amico da concedermi il lusso di intervenire solo quando avessi qualcosa da dire davvero, non per seguire per forza una cronaca politica troppo spesso effimera ed inconcludente. Fu lui a coinvolgermi nella sua ultima iniziativa: Destra Liberale. Grazie Arturo.
di Riccardo Scarpa