lunedì 2 novembre 2020
L’incontro di Teano, un falso storico
Centosessant’anni dopo, viene ancora ignorato e messo in discussione il luogo dove Vittorio Emanuele II e Giuseppe Garibaldi ricongiunsero il nord e il sud e suggellarono l’unità d’Italia. Quel luogo è in provincia di Caserta, ma non nel comune di Teano, bensì di Vairano Patenora, da sempre. Il punto esatto della stretta di mano tra il re e il generale è perfettamente conosciuto, come dimostrano tutte le fonti storiche messe in luce e criticamente vagliate, già nel 1960, centenario dell’incontro, dagli studi di Guido Di Muccio. Esse dimostrano “al centimetro” che l’incontro avvenne all’antico “quadrivio di Taverna della Catena”, allora e oggi Vairano Patenora. Al contrario, proprio nessuna prova storica sostiene la città di Teano, tralatiziamente ancora indicata per mancanza di acribia da storici e giornalisti corrivi. Mentre gli storici scrupolosi conoscono la verità, la rispettano e la scrivono, da Nino Cortese a Giovanni Ansaldo, da Jasper Godwin Ridley a Indro Montanelli, da Mino Milani a Adriano Viarengo, e da ultimo la Treccani. Teano, dove Garibaldi neppure arrivò e Vittorio Emanuele dormì la notte, dista circa dieci chilometri. È un’antica città romana, ha tre volte più elettori di Vairano, è sede vescovile, ha espresso a lungo rappresentanti nazionali e locali. Fama, importanza, peso politico hanno “attratto” la denominazione e fatto conseguire a Teano una gloria fasulla, accanto alle tantissime reali. Ma la colpa del falso storico appartiene intera agli scrittori che, per sciatteria e sottovalutazione dell’evento, si son copiati l’un l’altro l’errore.
Le celebrazioni del cinquantenario del regno d’Italia si svolsero a Taverna della Catena. Nel 1911 vi fu eretto il cippo commemorativo, tuttora esistente davanti all’edificio, mentre a Teano fu posta una lapide celebrativa che esattamente riportava “quadrivio di Cajanello” (ovvero Vairano Patenora) come luogo dell’incontro. Purtroppo, la lapide oggi visibile non è l’originale, bensì un apocrifo. In epoca fascista la lapide originale fu smurata e sostituita con la lapide visibile oggi, contraffatta sostituendo l’inciso che riconosceva Taverna della Catena (ovvero “Quadrivio di Cajanello”) in modo che l’incontro apparisse avvenuto “a Teano” (da notare che la contraffazione è pure sbagliata in italiano). Ne esistono le prove inoppugnabili. L’archivio Di Muccio conserva addirittura una foto d’epoca che ritrae la lapide originale con la dicitura autentica. Solo nel 1960, in occasione del centenario dell’incontro, Teano innalzò una colonna commemorativa in un posto fuori città, inventato dagli amministratori comunali, che stride con le evidenze storiche e già a colpo d’occhio si rivela finto. Taverna della Catena invece, così chiamata perché lì veniva stesa una grossa catena a sbarrare la strada quando il re Borbone era a caccia, benché incredibilmente deturpata da modifiche edilizie, è tuttora ben visibile. Nel 1967 il ministro della Pubblica istruzione la dichiarò di “interesse particolarmente importante”.
È stato, ancora, lo stesso Guido Di Muccio ad evidenziare per la prima volta la sorprendente coincidenza di luoghi tra l’unificazione politica e la prima, cioè documentata, adozione della lingua italiana, i cosiddetti “Placiti” (infatti il “Secondo Placito di Teano”, ottobre 963 d.C., tratta della controversia giudiziaria concernente i terreni in Vairano). A distanza di circa nove secoli, dunque, dove fu parlato per la prima volta l’italiano, lì fu unificata l’Italia. Scrivendo e dicendo la verità, si rende omaggio alla storia e all’Italia. Il valore politico dell’evento non può prescindere dalla sua realtà vera. Che senso può avere celebrare un accadimento nel posto sbagliato? Il punto esatto, individuato oltre ogni ragionevole dubbio, dove l’Italia prese corpo e identità, dovrebbe essere conosciuto, illustrato, conservato, onorato come merita. Appare avvilente, ad ogni sincero patriota, uno Stato che invia, nei principali anniversari, sue autorità in “due” differenti Comuni a celebrare l’“unità” della nazione.
(*) Lapide “veritiera” apposta a Teano nel cinquantenario dell’incontro, poi smurata e rimpiazzata in epoca fascista con la lapide esistente (foto dall’archivio Guido Di Muccio)
(**) Lapide “apocrifa” esistente, tuttora visibile, apposta a Teano con la sostituzione del luogo dell’incontro mediante la falsificazione dell’epigrafe originale “a Teano” al posto di “quadrivio di Cajanello”
di Pietro Di Muccio de Quattro