Informazione da osteria

sabato 31 ottobre 2020


Pensavo che almeno la radio, il cui mezzo si presta più della concorrente tv ad un approccio maggiormente riflessivo, sul Covid-19 non scendesse ai livelli di un dibattito da osteria in cui, tra un bicchiere e l’altro, si fa a gara a chi la spara più grossa. Soprattutto in un momento come questo, nel quale mesi e mesi di informazione terrorizzante hanno contribuito a montare una isteria collettiva senza precedenti, sarebbe cosa buona e giusta, nonché estremamente responsabile nei confronti dell’intero Paese, raccontare le cose come stanno, soprattutto sui numeri della pandemia. Numeri che, come spesso mi permetto di ricordare, hanno sempre la testa maledettamente dura, almeno fino a quando non vengono vergognosamente contraffatti.

Ciò è quello che è esattamente accaduto giovedì scorso durante “Tutta la città ne parla”, programma di approfondimento mattiniero in onda su Rai Radio 3. Sul tema dei prossimi lockdown, più o meno leggeri, annunciati in Francia e in Germania, il conduttore si è collegato con alcuni inviati della stampa italiana a Parigi e Berlino. Dalla capitale tedesca, in particolare, ha parlato la giornalista di “Repubblica”, Tonia Mastrobuoni la quale, dopo aver brevemente tracciato il quadro di una devastante catastrofe in arrivo anche nel Paese teutonico, ha sganciato la sua bomba: “In Germania, malgrado la maggior presenza di terapie intensive d’Europa, ne sono rimaste libere circa 7mila, dal momento che 21/22mila sono già occupate.” A questo punto il conduttore, in evidente imbarazzo di fronte ad una cifra che definire inverosimile è dir poco, ha provato a replicare, sostenendo timidamente una certa incoerenza nel dato se correlato con quello di altre grandi nazioni europee, tra cui l’Italia. Ma la giornalista, assolutamente imperterrita, ha spiegato che probabilmente questo affollamento deriverebbe da un colossale afflusso di malati – non ha chiarito se di Covid-19 o di altro – che durante la prima fase della pandemia non avevano ricevuto cure adeguate.

Ora, senza farla troppo lunga, abbiamo trovato un interessante ed esauriente prospetto pubblicato sul giornale online “Linkiesta”, nel quale tabelle e dati sono presi da fanti ufficiali del Governo tedesco, tra cui il Robert Koch Institute, organizzazione responsabile per il controllo e la prevenzione delle malattie infettive facente parte del ministero federale della Salute tedesco. Ebbene, udite udite, il 27 ottobre in tutta la Germania si contavano 1470 pazienti in terapia intensiva, contro i 2541 registrati il 26 aprile. D’altro canto, se il numero, seppur in crescita, dei positivi (sbagliato chiamarli contagiati, come ha spiegato il professor Alberto Zangrillo, in quanto con questo termine la scienza medica definisce i malati) risulta da tempo inferiore ai nostri, come sarebbe possibile solo immaginare una quantità di persone in rianimazione superiore di 14-15 volte al già preoccupante dato italiano?

Io spero vivamente che si sia trattata di una svista, perché in caso contrario ci troveremmo di fronte ad una inqualificabile contraffazione dei dati che griderebbe vendetta. Tuttavia, anche nel caso di un errore in buona fede, ed è quello che personalmente penso, resta altrettanto inqualificabile la leggerezza con la quale una stimata professionista ha divulgato in diretta radiofonica una cifra che, persino un bambino, non avrebbe minimamente preso per buona. Questo, a mio avviso, rappresenta un piccolo ma significativo esempio del clima di delirio collettivo che imperversa da mesi in ogni ambito della società. Delirio collettivo che ottunde le menti, impedendo a molti, troppi professionisti dell’informazione di verificare ciò che diffondono come se fosse oro colato. In questo senso, sarebbe il caso che chi svolge questa importantissima professione, che in teoria dovrebbe fare le pulci al potere, prima di aprire la bocca accerti sempre di aver inserito il cervello. Ne guadagneremmo tutti.


di Claudio Romiti