Conte in Europa, fu vera gloria?

mercoledì 22 luglio 2020


Sull’intesa, raggiunta la notte scorsa a Bruxelles tra i capi di Stato e di Governo dell’Ue, si raccomanda calma e gesso. Che uno straccio d’accordo sul “Next Generation Ue” dovesse essere necessariamente raggiunto, era nell’ordine delle cose. L’alternativa sarebbe stata deflagrante per la coesione interna dell’Unione europea. Che tutti i leader si sarebbero rappresentati ai propri concittadini come vincitori del braccio di ferro ingaggiato con gli altri capi di Stato e di Governo, era altrettanto naturale. È stato un negoziato che non si sarebbe potuto concludere senza la soddisfazione di tutte le parti contraenti. Anche l’autocelebrazione del premier Giuseppe Conte, calatosi nei panni di un redivivo Winston Churchill, era da mettere nel conto. Nelle azioni dei politici è contenuta una dose di vanagloria che solitamente è inversamente proporzionale all’effettiva incisività del personaggio. Magari, se Conte avesse evitato di pronunciare una sorta di “Bollettino della vittoria” sulla falsariga di quello che il generale Armando Diaz inviò al re Vittorio Emanuele III annunciandogli la sconfitta definitiva delle armate austro-ungariche il 4 novembre 1918, sarebbe stato più credibile. Detto questo, torniamo con piedi sulla Terra. L’accordo raggiunto l’altra notte, per gli italiani non è manna caduta dal cielo.

Bisognerà studiare attentamente le 67 pagine del testo delle conclusioni finali del Consiglio europeo per capire come stiano effettivamente le cose. Perché, come si dice, il diavolo si nasconde nei dettagli. Si parla di un Piano che consentirà all’Italia di ricevere sostegni finanziari per 209 miliardi di euro, dei quali 82 miliardi in sovvenzioni a fondo perduto – i cosiddetti Grants – e 127 in prestiti a tassi agevolati e a lunga scadenza. Lo ha detto Giuseppe Conte, ma negli allegati delle conclusioni del Consiglio europeo non v’è traccia di questi numeri. Ciò di cui, invece, esiste certezza è che i finanziamenti programmati non cominceranno ad arrivare ai destinatari prima della seconda metà del prossimo anno, salvo una minima anticipazione, disponibile già dal 2020. Gli aiuti saranno spalmati in un arco temporale pluriennale. Presumibilmente tra il 2021 e il 2027, in corrispondenza col periodo di vigenza del Quadro finanziario pluriennale (Qfp), il Bilancio dell’Unione europea. Va, tuttavia, fatta chiarezza sulla quota a fondo perduto che l’Ue darebbe all’Italia. È inesatto asserire che i 426 miliardi 694 milioni di euro appostati nel capitolo di spesa “Coesione, resilienza e valori” del Quadro finanziario pluriennale non vadano restituiti al pari, invece, di quelli girati agli Stati richiedenti come prestiti, per l’elementare motivo che l’Unione europea non dispone di risorse proprie che prescindano dagli apporti contributivi degli Stati membri. I fondi occorrenti a finanziare “Next Generation Ue” verranno reperiti sul mercato a fronte della collocazione di titoli di credito emessi dalla Commissione europea. Alla scadenza i creditori dovranno essere rimborsati. Com’è noto il Bilancio dell’Ue è a somma zero, cioè le entrate devono pareggiare le uscite.

Per ottenere la quadratura dei conti “Nei prossimi anni l’Unione lavorerà a una riforma del sistema delle risorse proprie e introdurrà nuove risorse proprie” (Punto 145 delle Conclusioni del Consiglio europeo). Tradotto, la Commissione si adopererà affinché gli Stati membri provvedano, per via diretta attraverso l’incremento a titolo straordinario delle proprie quote annuali o indirettamente consentendo l’accesso al prelievo fiscale sulle proprie basi imponibili per tassazioni deliberate dalla Commissione stessa o sull’aumento generalizzato del gettito Iva e dei dazi doganali sui beni extra-Ue. In proposito, nella nebulosità delle procedure finalizzate a rafforzare le entrate comunitarie si applicherà una “Plastic tax”, cioè una tassazione sugli imballaggi non riciclabili nell’ordine di 80 centesimi al chilo prodotto (Punto 146 delle Conclusioni). Un danno per la nostra economia. Il comparto della plastica in Italia è un’eccellenza che cuba 162mila occupati in 10mila imprese attive (per il 70 per cento distribuite tra Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Piemonte) che fatturano annualmente circa 32 miliardi di euro.

Se dal 2021 il settore verrà penalizzato da una tassazione supplementare, rischia di finire fuori mercato, battuto dalla concorrenza extracomunitaria. Che non è propriamente il miglior biglietto da visita per un programma europeo che vorrebbe sostenere le imprese nella crescita, non deprimerle. Un esempio per intendersi. Le quotazioni del Pvc a gennaio di quest’anno oscillavano, per le produzioni italiane, tra 795/870 euro a tonnellata (Spvc K 67/68), già più alte delle produzioni del Nord Europa fissate a 780/795 eur/tonn, delle cinesi a 745/772 eur/tonn e delle turche a 745/790 eur/tonn (Fonte: ChemOrbis). Immaginate cosa accadrà quando entrerà in vigore la “Plastic Tax”: lavoratori che perderanno il lavoro e imprese che chiuderanno. L’ennesimo bell’affare rifilatoci dall’Ue. Tornando all’accordo approvato, è inaccettabile che l’erogazione degli aiuti non soltanto sia stata subordinata all’approvazione da parte della Commissione del Piano di riforme che lo Stato richiedente s’impegna a realizzare con i denari ricevuti ma, cosa gravissima, che sia stato introdotto il principio della valutazione da parte del Consiglio europeo, su richiesta anche di un solo Stato, del grado di scostamento dai patti sottoscritti dal beneficiario con la Commissione nella realizzazione delle riforme promesse. In concreto, ciascuno Stato membro potrà denunciare un altro Stato per inosservanza dei target intermedi e finali pattuiti con la Commissione nonché chiedere che il Consiglio si esprima per la revoca dei finanziamenti (Punto A.19 delle Conclusioni del Consiglio europeo).

Consentendo l’adozione di questa clausola Giuseppe Conte ha consegnato l’Italia alla volontà degli altri Stati dell’Ue. Se, in futuro, il nostro Paese riuscisse a liberarsi di questo Governo e scegliesse una maggioranza alternativa per fare riforme di segno opposto a quelle prescritte dalla Commissione europea accadrà che gli altri Paesi potranno decidere di chiudere i rubinetti dei finanziamenti. Domanda: quanto vale la nostra sovranità per Giuseppe Conte e compagni? A giudicare ciò che ha sottoscritto: il resto di niente. Inoltre, un particolare è volutamente sfuggito ai media, laudatori dell’odierna maggioranza. A dialogare operativamente con le istituzioni nazionali dei Paesi richiedenti prestiti e sovvenzioni sono gli apparati tecnico-burocratici di Bruxelles. Nel caso specifico, ad occuparsi della gestione del “Next Generation Ue” sarà la Direzione generale degli Affari economici e finanziari dell’Ue. Fino allo scorso anno a capo dell’Ufficio c’era l’italiano Marco Buti, poi passato al ruolo di capo di Gabinetto del commissario Paolo Gentiloni.

Al suo posto è stato nominato l’olandese Maarten Verwey che è ricordato per essere stato uno degli architetti dell’European Financial Stability Facility (Efsf). Il fondo, costituito nel maggio 2010 per fronteggiare la crisi nell’area euro, è stato il precursore dell’altro strumento di cui molto si discute in Italia in questi giorni: il Meccanismo europeo di sostenibilità (Mes). Ora, provate solo a immaginare quanta flessibilità mentale e ampiezza di vedute possa manifestare un tecnico fautore dell’Austerity che può vantare nel suo curriculum di aver messo in ginocchio la Grecia. Sarà uno spasso vederlo all’opera sui progetti italiani. Siamo uomini di buona volontà, leali verso il nostro Paese, ma non siamo fessi. La leggenda metropolitana dell’Italia-Davide che sfida e batte il gigante Unione europea-Golia non ci ha convinto. Tempo 60 giorni è anche questo soufflé della premiata ditta Conte & soci del Pd si sarà sgonfiato. Al punto da sembrare una piadina riuscita male.


di Cristofaro Sola