Tutto il potere ai soviet pentastellati

giovedì 16 luglio 2020


Non c’è che dire. Con l’arrivo dei grillini nella stanza dei bottoni, condizione aggravata dall’attuale alleanza con un Partito Democratico tornato su posizioni più marcatamente stataliste, il ritorno surreale dello Stato imprenditore in Italia sta diventando una sinistra realtà. Tanto che, parafrasando un famoso slogan di Lenin nelle sue famose “Tesi di Aprile”, qualche grillino particolarmente infervorato – ad esempio un Alessandro Di Battista qualsiasi – potrebbe voler attribuire “tutto il potere ai soviet” pentastellati. Cosa che in buona parte è già avvenuta temporaneamente durante la nostra tragicomica gestione dell’emergenza sanitaria, scandita da una sfilza di impressionanti atti amministrativi sotto forma di decreti del Presidente del Consiglio dei ministri. Atti amministrativi i quali, è sempre meglio ricordarlo, non hanno forza di legge. Ma proprio per questo non sono poi così lontani concettualmente da quegli antichi colpi di mano con cui alcuni storici regimi furono completamente distrutti da un pugno di audaci avventurieri. Ovviamente oggi il mondo è completamente cambiato rispetto ai “fasti” rivoluzionari di quel lontano ottobre 1917. Tuttavia, come è stato già sottolineato da alcuni attenti osservatori, la vicenda legata al Covid-19 sembra aver messo le ali ad una tendenza iperstatalista con cui il partito fondato da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio si è caratterizzato sin dagli albori. Tant’è che già a marzo, in piena emergenza ospedaliera, il Governo Conte ne ha approfittato per nazionalizzare di fatto l’agonizzante Alitalia, stanziando ben 3 miliardi per capitalizzare la nuova società chiamata a gestire il pozzo senza fondo della nostra non più ex compagnia di bandiera.

Ma oggi, con quel surrogato di esproprio proletario ordito ai danni della famiglia Benetton e della controllata Atlantia, già condannati senza processo dall’avvocato del popolo, Giuseppe Conte, per il crollo del Ponte Morandi, si compie un altro, significativo passo per ripristinare nella sostanza la famosa e, per molti versi, famigerata Iri. E poco importa se artefice diretto di questa ardita operazione non sarà l’Esecutivo, eventualmente attraverso un ministero esistente o uno creato appositamente ad hoc. Con l’arrivo prepotente di Cassa Depositi e Prestiti, la quale come è noto gestisce l’enorme risparmio postale, la mano pubblica entra in prima persona nel controllo del principale ganglio vitale del trasporto nazionale. Difatti, considerando che l’85 per cento delle merci in Italia viaggiano su gomma, sapere che lo Stato ha ripreso pieno possesso delle più importanti autostrade del Paese non mi sembra una notizia molto rassicurante.

D’altro canto, se la cura per le evidenti distorsioni che hanno fin qui caratterizzato il sistema opaco delle concessioni è quella della nazionalizzazione strisciante, il rischio concreto è quello di cadere in modo assai repentino dalla padella alla brace.

Soprattutto dopo aver osservato attentamente il modo quasi sempre catastrofico con cui il Movimento 5 Stelle ha portato avanti i più importanti dossier economici di questi ultimi due anni, di questo passo ciò che resta di una idea concorrenziale di mercato in questo disgraziatissimo Paese è destinata rapidamente ad estinguersi, al pari delle nostre residue speranze di evitare un fallimento di sistema sempre più irreversibile.


di Claudio Romiti