Conte, tentazioni dell’uomo solo al comando

mercoledì 15 luglio 2020


Un frase, meglio, una richiesta che a Matteo Salvini è stata sistematicamente rinfacciata da più di un anno riguarda quei “pieni poteri” che, peraltro, il leader della Lega non ha ottenuto. Probabilmente Salvini voleva dire che gli sarebbe piaciuto governare con una maggioranza più ampia. Fatto sta che, poco dopo, il governo gialloverde chiuse i battenti e il problema finì, come si dice, in cavalleria. Per Salvini, non per Giuseppe Conte. Il presidente del Consiglio, ed è la sua qualcosa più di una richiesta di questi giorni, vuole il prolungamento dello stato di emergenza fino al 31 ottobre, se non fino alla fine dell’anno e nonostante il periodo della emergenza sia finito. Se ne deduce che uno stato di emergenza, soprattutto quando, come nel nostro caso, non c’è ma lo si paventa, si affronta, si dibatte e se ne propongono rimedi non casuali e non personalistici, in Parlamento.

Che dire dunque? Qualche voce sta da qualche tempo indicando, al di là dei sorrisi affabulatori di Conte, un suo preciso e programmatico disegno nel continuare ad accentrare i poteri nelle sue mani con ricorso sistematico ai Dcpm, giustificandoli con lo stato di emergenza eventualmente da prorogare. Il fatto è che la dichiarazione dello stato di emergenza richiede un attuale e non futuro o futuribile stato di emergenza. E a non pochi sfugge il gioco delle date nella ipotesi di una proroga che implicherebbe il rinvio delle elezioni di settembre, con la scusa di un posticipo necessario alla salute pubblica ma, in realtà, più consono ad una opportunità politica. Lo snodo, dunque, ha un carattere squisitamente politico riguarda principi, concezioni e metodi ispirati al liberalismo, mentre ciò che va emergendo è un disegno, in sottofondo che persegua l’obiettivo di mettere al riparo un governo, invero incerto e indeciso, dai rischi proprio in quelle due Aule volute ed elette dalla volontà popolare come sede obbligatoria per discussioni e decisioni di tale importanza.

In altri tempi, e non troppo lontani, le più vibrate proteste si sarebbero levate contro Palazzo Chigi che soffoca ogni dibattito – indispensabile anche in tempi emergenziali – comunque vitale in una democrazia nella quale le divisione dei poteri è fissata dalla Costituzione, la “più bella del mondo”. Come è stato ricordato a proposito di compressioni se non limitazioni di libertà personali. La dichiarazione dello stato di emergenza e i successivi decreti legge hanno consentito in Italia, e a una persona sola, grazie ai famosi o famigerati Dcpm, di chiuderci in casa, vietarci di andare a lavorare. Non visitare parenti e così via. E con modalità selettive. Non solo, ma il primo dei decreti disponeva questa ed altre limitazioni senza fissare un termine. Qualche resipiscenza, o forse, qualche freno quirinalizio, ha suggerito a Conte un’abrogazione del quasi intero decreto sostituendolo con un altro nel quale i poteri avevano un termine, i limiti un elenco. E l’uomo solo al comando è sceso a più miti consigli. Per ora.


di Paolo Pillitteri