mercoledì 15 luglio 2020
Il solleone sta sciogliendo la brina primaverile che si è posata sui progetti di potere della sinistra. Adesso ogni cosa è più chiara, ogni mossa di questa sgangherata maggioranza comincia ad avere un senso. Abbiamo temuto che l’ammucchiata demo-penta-renziana non avesse alcuna idea di come portare il Paese fuori della crisi economica e occupazionale seguita a quella sanitaria da Coronavirus. Non avevamo torto. Ma dall’intervista rilasciata dall’ingegnere Carlo De Benedetti a Salvatore Merlo de Il Foglio apprendiamo quale sarà la rotta della zattera dei naufraghi del cattocomunismo. Intendiamoci, non c’è niente che possa riguardare il benessere e la salute degli italiani. Il punto di chiarezza attiene esclusivamente alla sopravvivenza al potere di un’ideologia che la maggioranza dei cittadini vorrebbe vedere consegnata agli archivi della memoria. L’unica emergenza che la sinistra teme riguarda la concreta possibilità che la destra possa approdare al Governo della nazione. Non per effetto di inciuci parlamentari ma sugli scudi di una fragorosa vittoria elettorale, che potrebbe vivere il prodromo nell’esito delle prossime regionali in settembre.
Si dirà: che problema c’è, visto che già in altre occasioni il centrodestra ha vinto le elezioni? Vero, ma per effetto dei giochi incrociati tra la sinistra, i vertici istituzionali e il “Deep State” costituito da una potentissima burocrazia statale, il centrodestra non è mai riuscito a conquistare il potere che serve per cambiare i destini della nazione. Oggi però l’esperienza pregressa potrebbe non essere replicabile a causa dell’agire di un combinato disposto che è un boomerang per l’establishment. La convergenza del taglio dei parlamentari con la rabbia montante tra la gente potrebbe regalare un risultato alla destra, nel computo dei seggi parlamentari, mai raggiunto in precedenza da alcuna coalizione partitica. C’è il rischio, per la sinistra e soci, che si componga nella prossima legislatura una maggioranza a destra di tale ampiezza da avere l’autosufficienza per riformare in radice la Costituzione vigente. Un pericolo troppo grande per i soliti noti dei palazzi romani da spingerli a fare l’impossibile pur di bypassare il tornante della Storia. Ovviamente, ognuno a modo suo. Il premier Giuseppe Conte, sempre più consapevole della sua debolezza manifestatasi nell’incapacità di portare risultati utili all’Italia, soprattutto nel confronto con i partner dell’Unione europea, ha accarezzato l’idea di un prolungamento fino alla chiusura d’anno dello stato d’emergenza.
Lo scopo è evidente: lo stato d’eccezione determinato dalla supposta emergenza sanitaria conferisce al premier poteri straordinari, tra i quali quello di rinviare le urne d’autunno che è poi l’appuntamento con il compimento del suo personale destino. Nefasto. Ma la sua boutade è stata accolta con una salva di pernacchie, tanto che ieri il ministro della Salute, Roberto Speranza, è corso in Parlamento a metterci una pezza: prolungamento al 31 luglio anziché al 31 dicembre. Un altro tentativo l’ha fatto Romano Prodi puntando sullo sdoganamento di Silvio Berlusconi. Una mossa sorprendente, ma incrinata dal sospetto che si sia trattata di una perorazione Cicero pro domo sua, vista la debordante aspirazione di Prodi a concludere il percorso politico personale con un lungo soggiorno al Quirinale. Il fatto che l’apertura del fondatore dell’Ulivo all’arcinemico non avesse ricevuto l’accoglienza sperata non ha scoraggiato gli strateghi della sinistra nel valutare la cooptazione di Forza Italia nel campo progressista quale ultima linea di difesa prima della catastrofe.
Così accade di assistere all’inimmaginabile: Carlo De Benedetti che fa un endorsement per Berlusconi. Non che l’ingegnere abbia cambiato idea sulle “qualità” morali del suo nemico mortale ma – sono le sue parole – “Se si tratta di isolare Salvini e Meloni trangugio anche Berlusconi al governo con la sinistra”. Per De Benedetti il vecchio leone di Arcore è l’Alberto Sordi del panorama antropologico italiano: un grande imbroglione. E la differenza rispetto agli sprezzanti giudizi del passato? Un imbroglione, ma pur sempre grande. Che detto da un pescecane della sua stazza suona come un complimento. L’ingegnere è un pratico, ha messo in conto che ci sarà una montagna di miliardi di euro da gestire, grazie ai prestiti europei; che Giuseppe Conte ha dimostrato di essere il nulla prigioniero del Movimento cinque stelle, una banda di luddisti che ha smarrito la bussola della realtà; che la sinistra, detestata dai ceti medi impoveriti e dalla classe operaia, è diventata la voce della minoranza dei garantiti, messi a riparo dalle devastanti conseguenze economico-sociali del post-Coronavirus. Cosa fare per restare al potere? Per assolvere a quella fastidiosa incombenza che in democrazia è la costruzione di maggioranze parlamentari? Associare la pattuglia di Forza Italia alla tavola imbandita del consociativismo.
Un’equilibrata distribuzione dei pezzi pregiati sulla scacchiera istituzionale potrebbe sancire l’ennesima rivoluzione gattopardesca: Prodi al Quirinale, Berlusconi senatore a vita con la totale riabilitazione della sua onorabilità e un tecnico di altissima esperienza internazionale al Governo. Non Mario Draghi, profilo troppo ingombrante per prestarsi a farsi manovrare dai soliti burattinai, ma un apparente mite Carlo Cottarelli che per curriculum, carriera fatta al Fondo monetario internazionale e fama di duro dell’Austerity conquistata sul campo, potrebbe essere assai gradito fuori dei confini d’Italia. Ora, la sinistra ha tutto il diritto di tessere le sue trame. Il problema sta nella risposta di Berlusconi e Forza Italia. Al momento, ciò che viene fuori dal partito azzurro è un secco rifiuto ad accettare le profferte degli opportunisti pentiti dell’antiberlusconismo.
Tuttavia, qualcosa non quadra e autorizza a essere preoccupati per le prossime mosse della gamba riformista della destra plurale. Da Forza Italia si ribadisce che: “non vi è, né da parte del presidente Berlusconi, né del movimento politico Forza Italia alcuna disponibilità a fornire un sostegno politico al governo Conte”. Che vuol dire? Che la posizione cambierebbe se non ci fosse più in campo il Governo Conte? Ci si prepara a un “governissimo” di vecchi e nuovi merkelliani che taglia fuori la destra sovranista? Quella dei forzisti resta una reazione politicamente ambigua: non si scorge una nitida presa di distanze dalla tentazione di saltare il fosso. E poi, c’è quell’incontro riservato tra Luigi Di Maio e Gianni Letta che è tutto un programma. Sarà che siamo dei malfidati, sarà che non siamo anosmici, ma qui si avverte un intenso effluvio di crostata di pesche (ghiottoneria tipica della stagione estiva) che ne richiama alla mente un’altra, famosissima. Non è che la signora Maddalena Letta ha già infornato il dolce preferito dagli amici del suo potente consorte?
di Cristofaro Sola