L’intervento pericoloso

giovedì 18 giugno 2020


Un Tribunale della Repubblica scarcera un imputato e che fa il ministro della Giustizia? Manda gli ispettori.

Intendiamoci. Se non si fosse trattato di Massimo Carminati o di un detenuto di rilievo, il ministro non avrebbe fatto proprio nulla. Forse non lo avrebbe neppure saputo e, nel caso, non se ne sarebbe occupato, rimettendosi alla decisione del Pubblico ministero interessato, titolare del diritto di impugnazione.

Ma, poiché si tratta di un imputato che fa notizia e le notizie, qui da noi, generano scandalo, Alfonso Bonafede spedisce gli ispettori per verificare se vi siano stati ritardi, omissioni o chissà che cosa.

Questo non mi piace affatto. La linea di confine tra la doverosa attenzione al malfunzionamento del sistema e l’invasione di campo è così sottile da risultare quasi impercettibile e, quasi sempre, produce conseguenze imprevedibili, o negative. Fatta eccezione per i cosiddetti casi limite (un ufficio giudiziario nel quale decine di fascicoli periscono sotto la polvere dell’ignavia), l’intervento del ministro è sempre pericoloso e, in questo caso, rischia di tradursi in un tentativo di eliminazione dei limiti alla durata della “carcerazione preventiva” (a tacere della lesione alla indipendenza della magistratura, che non è cosa da poco).

Ci starei attento, insomma.

Detto in parole povere, non vorrei che accadesse quello che è già successo con la prescrizione: si parte da un singolo caso e, poi, si finisce col cancellare l’istituto. Quando governano gli incapaci, infatti, può accadere qualunque cosa.


di Mauro Anetrini