Stati generali senza sala della Pallacorda

lunedì 15 giugno 2020


Quando si parla di Stati generali non si può fare a meno di considerare che l’assemblea voluta da Luigi XVI non sarebbe mai passata alla storia se non avesse avuto come corollario la Sala della Pallacorda dove si riunirono i delegati del Terzo Stato per contrastare i “colleghi” della nobiltà e del clero ed accendere i fuochi della Rivoluzione.

Magari accanto all’edificio di Villa Pamphili esiste una palestra od un qualche circolo sportivo dove tenere una assemblea alternativa a quella convocata da Giuseppe Conte e su cui il Presidente del Consiglio punta per dominare le prime serate delle emittenti televisive nazionali. Ma se anche ci fossero luoghi dove dare vita ad una qualche forma di contestazione degli Stati generali, a mancare sono gli attuali esponenti del Terzo Stato. I Robespierre, i Marat, i Mirabeau, i Talleyrand della nostra epoca non solo non rappresentano il Terzo Stato della borghesia, delle professioni e delle competenze oggi totalmente relegate ai margini della vita politica ma si trovano tutti in posizioni di potere governativo conquistate attraverso quel nulla politico finanziato da Hugo Chávez e diventato nel frattempo partito che è il Movimento Cinque Stelle, la forza di maggioranza che sostiene l’esecutivo dell’attuale caricatura di Luigi XVI, Giuseppe Conte. Ed i tecnici, gli esperti e coloro che avrebbero dovuto e potuto rappresentare la riserva politica e morale destinata ad innervare la Repubblica e farle compiere un salto in avanti capace di traghettarla dalle secche della crisi ad una fase di recupero e rilancio, hanno mostrato tutte le falle di una gestione fallimentare sia nel picco che durante questa fase della pandemia e non godono più della fiducia della pubblica opinione.

Certo, a Villa Pamphili non mancano i rappresentanti delle categorie commerciali ed imprenditoriali. Ad essere assenti sono però quelli delle professioni. Cioè non c’è la borghesia, quella classe produttiva che tanta spinta diede alla Rivoluzione Francese e che resterà sempre l’asse portante ed indispensabile di ogni Stato moderno e di ogni democrazia liberale avanzata.

Si tratta di un’assenza destinata a trasformare gli Stati generali nella trita e ritrita passerella, una collaudata “Isola dei famosi” avviata per rinvigorire la popolarità mediatica e social del Presidente del Consiglio. Resta da capire come Conte impiegherà il nuovo pieno di popolarità se non potrà contare su un ceto borghese deluso, fortemente indebolito e che ha perso tutti i suoi valori di riferimento, da quello della libertà a quelli della tradizione del proprio Paese. Ma Conte è davvero sicuro che l’attuale Terzo Stato si lascerà ancora a lungo rappresentare dagli scappati di casa alla ricerca di un pubblico impiego e di un pubblico sussidio?


di Arturo Diaconale