Le lenti deformanti del tifo

venerdì 24 aprile 2020


Lunedì scorso su questo quotidiano è apparso un mio editoriale dal titolo “Le due Italie” che ha scatenato una montagna di commenti. Scrivevo che convivono, sempre più forzatamente, due Paesi: quello dei garantiti e quello dei non garantiti. Aggiungevo che – ora che la crisi si è fatta non dura, ma durissima – il conflitto sociale sarà inevitabile. Apriti cielo: accuse di elitismo, di ordoliberismo, persino di razzismo (che qualcuno che finge di capire che il confine sia geografico e non tra chi produce ricchezza e chi se la mangia lo trovi sempre); confesso di essermi pure divertito a leggere.

Perché ne scrivo? È presto detto: ieri sull’accordo con l’Unione europea si è giocato un passaggio decisivo per la vita che ciascuno di noi si troverà a vivere nei prossimi anni. Sfido chiunque a capire com’è andata; sui giornali di questa mattina va in scena l’eterna divisione in guelfi e ghibellini e si leggono non analisi, ma dichiarazioni di fede, le quali – dovrete convenire – a comprendere i numeri si prestano ben poco.

Certo, sempre a proposito di numeri, lo spread che si impenna nella notte non è gran viatico per la narrazione trionfalistica di governo. Come cantava Lucio Battisti lo scopriremo solo vivendo e poi, mi picco, questo è il problema minore. Continuiamo, infatti, pure a leggere ogni cosa con le lenti deformanti del tifo, ma ficchiamoci in testa una verità semplice semplice: il problema non sono gli altri, siamo noi. I vincoli che ci strangolano sono interni, non esterni. Se i soldi che arriveranno, tanti o pochi, prestati a condizioni da strozzini o di favore, li spenderemo per fare ripartire le imprese, forse qualche possibilità di tirarne fuori le gambe l’avremo. Se li spenderemo in mance e mancette ai soliti mantenuti (vediamo se così ci capiamo) siamo già morti. Sono una Cassandra ordoliberista? Forse sì, ma le novelle mi annoiano fin da quando ero bambino.


di Massimiliano Annetta