giovedì 23 aprile 2020
È fin troppo facile prendersela con Giuseppe Conte, si finisce con lo sparare sulla Croce Rossa, ma è il suo comportamento che spesso gli fa puntare contro i fucili delle critiche.
Mentre infatti un leader come Matteo Salvini (che di colpi non gliene risparmia, day-by-day) gli ha offerto più volte una collaborazione, il premier l’ha respinta con un gelido fin de non-recevoir per timore, forse, di ingombranti ingerenze ma, più probabilmente, per non modificare il metodo del suo agire, tipico dell’uomo solo al comando.
È più che possibile che l’inquilino di Palazzo Chigi si senta molto gratificato dai sondaggi che fino ad ora l’hanno innalzato su tutti, nella convinzione che questo primato sia un premio per le sue doti di prima autorità di governante in una fase assai delicata per il Paese. Ad essere benevoli, e senza giudicare il come, si potrebbe commentare che Conte è uno che fa quel che può. Ma, a ben vedere, il governo che presiede trae la sua autorità più che dalla benevolenza dei cittadini, dalla loro paura.
Gli italiani, spaventati dalla diffusione del virus, hanno accettato tutto, a cominciare dalle dure costrizioni della libertà, dando mostra di un insospettabile senso civico, ma ora che una qualche luce si vede in fondo al tunnel, quel legame che congiunge la paura all’autorità si sta allentando.
C’è un nuovo timore che incombe ed è la paura della crisi produttiva con le sue gravi conseguenze sociali e che va sostituendosi a quella della pandemia, un timore al quale il Governo Conte non sembra affatto in grado di dare una risposta all’altezza della situazione e dei plurimi messaggi rassicuranti, basti pensare alle divisioni, non di forma ma di sostanza, all’interno dell’esecutivo e proprio in riferimento alle due, non rinviabili, decisioni economiche: l’una sui fondi europei e l’altra sulle aperture aziendali.
Il fatto è che le due decisioni sono strettamente collegate, pur prendendo atto che quelle della Ue saranno nelle prossime settimane, ma tenendo ben presente che le maggiori aziende di export sono concentrate al nord, nell’area dove il virus è ancora più incombente e che quindi va trovata una soluzione che contemperi le esigenze economiche con quelle sanitarie.
In questo contesto il richiamo ad un apporto unitario dovrebbe essere un obbligo, sia delle Regioni interessate, sia delle aziende, sia soprattutto dell’opposizione, ma Conte continua a dare l’idea di una corsa solitaria rischiosissima tenendo presente che non soltanto non ha un mandato parlamentare ma non gode di una maggioranza coesa, fra i giri di walzer in politica estera di un Luigi Di Maio, le scappellate di un Alessandro Di Battista alla nazione cinese “vincitrice delle Terza guerra mondiale” e i visibili residui di antieuropeismo di certi pentastellati.
In un quadro del genere appare superflua la risposta alla domanda se Conte abbia la forza per essere solo al comando.
di Paolo Pillitteri