Dalla democrazia parlamentare alla dittatura sanitaria

lunedì 20 aprile 2020


La distinzione tra decreto legge e decreto del presidente del Consiglio dei ministri non è roba da legulei. Mentre il primo deve essere convertito in legge entro sessanta giorni, e quindi esso si realizza sotto il controllo diretto del Parlamento, il citato dpcm non ha forza di legge, in quanto costituisce un mero atto amministrativo utilizzato di prassi per dare attuazione, al pari dei decreti ministeriali, a norme già esistenti o/e varare regolamenti.

Ebbene, il Governo in carica ha realizzato una compressione delle libertà costituzionali dei cittadini italiani proprio con un atto amministrativo, suscitando la piena riprovazione di autorevoli costituzionalisti del calibro di Sabino Cassese.

Ma ovviamente, avendo letteralmente sommerso il Paese sotto una coltre di paura, se non di vero e proprio terror panico, con le principali grancasse giornalistiche e televisive schierate a sostegno di tale linea terrorizzante, si è avuto buon gioco nell’imporre con un semplice tratto di penna un surreale regime sanitario di polizia. Nessuna forza politica, nessuna organizzazione economica rappresentativa, nessuno di quei salotti radical chic che per anni hanno straparlato del pericolo di un ritorno del fascismo ha avuto il coraggio non dico di contestare frontalmente le impressionanti misure restrittive decise dal Comitato di sanità pubblica al potere, ma almeno di criticarne alcuni evidenti elementi di chiara irrazionalità. Tutti zitti e tutti muti, letteralmente paralizzati dal timore di venire indicati come alleati o fiancheggiatori del Covid-19.

Tuttavia, nel frattempo questo banale atto amministrativo firmato, a mio avviso, con grande leggerezza da Giuseppe Conte sta producendo danni colossali tanto sul piano economico che su quello sociale, causando una notevole devastazione nel morale di un crescente numero di cittadini a cui si continuano a mandare gli stessi messaggi allarmistici dei primi momenti, senza indicare una chiara prospettiva d’uscita da questo spaventoso incubo collettivo.

Le cronache ci segnalano con cadenza inquietante episodi di violenza. Un signore di Padova che correva rispettando le norme è stato massacrato di botte, mentre due coniugi di Sassari, usciti per gettare l’immondizia nel cassonetto, sono stati aggrediti brutalmente da ben 4 pattuglie di vigili accorsi sul luogo del “crimine”. Nel giorno di Pasquetta Barbara D’Urso, che in queste settimane si sta distinguendo come implacabile fustigatrice dei “delinquenti” che si permettono di uscire di casa senza un valido motivo, ha mandato in onda nel suo programma su Canale 5 un ampio servizio sulla caccia senza quartiere che la Guardia di finanza stava dando ad un pericoloso runner fuggito lungo la spiaggia di Jesolo. In Piemonte, al contrario, si registrano proteste quasi al limite della sommossa, come nel caso di Torino in cui molta gente è scesa in strada ad inveire contro le Forze dell’ordine, o come accaduto a Pinerolo dove una cittadina, esasperata dall’obbligo di restare agli arresti domiciliari, ha gettato in terra la mascherina davanti ad un gruppo di poliziotti.

Insomma, in un clima che si fa sempre più cupo man mano che passano i giorni, con i centri abitati annichiliti in un silenzio irreale, chi ha in mano il pallino del comando sembra baloccarsi in un imbarazzante giochino della margherita, sfogliandone con estrema lentezza i petali, così da arrivare finalmente alla fatidica decisione di riaprire il Paese alla vita. Costoro ci ripetono che lo stanno facendo per il nostro bene, che debbono valutare con estrema attenzione i prossimi passi, perché ne va della nostra salute. Ma è anche della salute civile e democratica che occorrerebbe preoccuparsi, e non poco visto che, speriamo solo temporaneamente, siamo passati da un regime parlamentare ad uno assai più restrittivo di natura sanitaria, in cui un atto amministrativo sembra pesare assai più di una norma costituzionale.


di Claudio Romiti