venerdì 31 gennaio 2020
Chi ha un minimo di esperienza di politica giudiziaria sa che la cerimonia di inaugurazione che sta per andare in scena è stata, per troppo tempo, l’occasione per sferrare impunemente (e con il clamore mediatico) attacchi al sistema politico. Che si trattasse di Silvio Berlusconi o di altri, i magistrati hanno sempre approfittato dell’ufficialità dell’evento per unire alla elencazione delle statistiche la critica al mondo politico, diventandone, più che gli interlocutori, i censori. La descrizione dello stato delle cose nell’amministrazione della Giustizia si è trasformata nell’esercizio di un diritto di critica legittimo, ma strumentalizzato, declamato dal pulpito di un’aula di giustizia e con la protezione del manto costituzionale che assicura indipendenza e, dunque, credibilità.
L’inaugurazione dell’anno giudiziario consente di “cantarle” a chiunque, anche al Presidente del Consiglio in carica, il quale, visto il luogo, deve incassare e fare buon viso ad un gioco molto cattivo.
Le cose stanno così. A chi dubita, dico solo questo: leggete i testi degli interventi. Poi, se non siete convinti, ne parliamo.
Fermo il mio giudizio sulla anacronistica inutilità della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario, l’episodio di cui alla fotografia sottostante mi induce ad una ulteriore considerazione, magari caustica, e ciononostante convinta. Il Tribunale non è di proprietà di nessuno e noi non siamo ospiti. Non solo l’edificio è pubblico, ma risulta destinato ad una funzione di rilievo costituzionale. Certo (non mi sogno neanche di negarlo), ci sono regole da rispettare e attribuzioni concernenti la gestione di locali e sicurezza, ma la sostanza non cambia.
Anche le cerimonie, dunque, devono rispondere alle esigenze della funzione ed essere aperte ad un confronto che risulti utile ai cittadini. Naturalmente, sarebbe impensabile dare la parola a chiunque - se così fosse, neanche la riforma Bonafede impedirebbe la prescrizione di tutti i reati - ma dello ius excludendi alios - tipico di una concezione proprietaria del sistema tutto e non solo degli immobili - dobbiamo parlare.
Dobbiamo discutere, insomma, delle regole del cerimoniale, che consentono ai soli magistrati di scrivere l’agenda degli interventi, dettandone i tempi e dosandone la fonte.
Come ho detto, il Tribunale non è di nessuno e quello che vi accade interessa tutti. Se la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario non è (o non è più) una passerella di Autorità in cerca di fotografi, allora deve essere l’occasione per un confronto aperto, alla luce del sole, coram populi. In altre parole: democratico.
Quella costola di Anm che si fregia (come sempre fanno a sinistra) dell’aggettivo “democratica”, mostri di esserlo davvero. Fatevelo dire davanti a tutti quello che, con locuzioni intrise di tecnicismo, vi diciamo nei convegni. Battete un colpo e fate parlare anche chi viene per criticare. Rinunciamo tutti, per una volta, agli orpelli e ai paludamenti curiali. Fate parlare Enrico e altri come lui. Fosse mai che, alla fine, i cittadini si ritrovino più informati... come vorrebbe, appunto, democrazia.
di Mauro Anetrini