mercoledì 29 gennaio 2020
Se il centrodestra avesse conquistato l’Emilia-Romagna avrebbe denunciato la distanza sempre più grande esistente tra il Paese formale, rappresentato dall’attuale Parlamento, e quello reale, indicato dai risultati elettorali, ed avrebbe chiesto a gran voce le elezioni anticipate.
Nessuno si sarebbe stupito di un comportamento del genere. Perché fa parte della fisiologia del gioco democratico che chi è all’opposizione si appelli al Paese reale per chiedere che quello formale si arrenda alle mutate condizioni politiche indicate dai risultati di voti amministrativi verificatisi nel corso della legislatura ed invochi il ritorno immediato alle urne.
La mancata conquista della regione rossa da parte del centrodestra impedisce alla coalizione di Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi di appellarsi al Paese reale per chiedere che quello formale di togliersi di mezzo?
La risposta è negativa. Perché è vero che la vittoria di Stefano Bonaccini ha consentito a Giuseppe Conte ed a Nicola Zingaretti di sostenere che il Governo nazionale è uscito rafforzato dalla consultazione amministrativa. Ma è addirittura più vero che un colpo pesantissimo al Paese formale è venuto dalla sostanziale scomparsa dalla scena politica del partito che alle ultime elezioni nazionali ha conquistato il trentadue per cento dei consensi ed è diventato il partito di maggioranza relativa del Paese.
Il crollo verticale del Movimento Cinque Stelle costituisce per il Paese formale un colpo decisamente più forte e sconvolgente di quello che si sarebbe determinato se la regione rossa fosse stata conquistata dal centrodestra. Non a caso il Partito Democratico, che alle ultime elezioni aveva ottenuto la metà dei consensi del M5S, ora incomincia a considerarsi la forza portante e fondamentale del governo e chiede che Conte avvii una seconda fase dell’azione dell’esecutivo non più segnata, come la prima, dalle posizioni identitarie dei grillini.
Vito Crimi, cioè il “gerarca minore” che ha sostituito pro-tempore il capo politico dimissionario Luigi Di Maio, ha subito replicato al Pd rilevando che i rapporti di forza esistenti in Parlamento sono quelli usciti dalle ultime Politiche e rimangono immutati fino alla fine della legislatura.
Crimi, ovviamente, non poteva dire altrimenti. Ma l’aspetto più singolare della vicenda è che non è il solo a pensarla in questo modo. Anche Sergio Mattarella sarebbe dell’avviso che il Paese formale ha sempre e comunque la prevalenza su quello reale e che tutto deve rimanere come se nulla fosse avvenuto, compresa la scomparsa del partito di maggioranza relativa.
Posizione legittima. Anche se scoprire che Mattarella la pensa come Crimi suscita un po’ di angoscia!
di Arturo Diaconale