venerdì 6 dicembre 2019
“Giggi er bullo” era una celebre macchietta del grande comico romano Ettore Petrolini. Un personaggio inventato che, tuttavia, si lega perfettamente alla linea assunta in questi ultimi tempi dal sempre più presunto capo politico del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio. In tal senso mi è sembrata molto significativa la dura presa di posizione di Daniele Borioli, esponente alessandrino del Partito Democratico ed ex senatore, nei riguardi di Alessandro Di Battista e dello Stesso Di Maio.
Scrive Borioli in un post su Facebook: “Basta! Mi rifiuto di pensare che il destino di quel che resta della sinistra italiana debba spendersi nell'inseguire le cialtronate di due bulli senz’arte né parte. Di Maio e Di Battista che dettano condizioni non si possono sentire. Ho passato, insieme a milioni di italiani, lunghi anni a contrastare in modo duro Giulio Tremonti e soci per le loro idee sull'Europa e sulla finanza pubblica. Ma almeno Tremonti era un bullo competente. Ed era un avversario politico. Vedere oggi una persona seria come Roberto Gualtieri bullizzato da due coglioni, nostri presunti alleati, mi fa prudere le mani. E credo debba sollecitare in tutti i militanti del Pd un moto di indignazione e ribellione. Ci abbiamo provato, lo abbiamo fatto con generosità e onestà intellettuale. Ma ora lo possiamo e lo dobbiamo dire: per questa strada non si arriva da nessuna parte. Il populismo dei 5 Stelle non è emendabile. Anzi, le tensioni legate alla lotta interna per il potere lo stanno ricollocando sulla destra dello schieramento politico. Prendiamone atto, approviamo la manovra per salvare quel che si può dell'Italia e poi scriviamo la parola fine”.
Ecco, al di là di qualunque considerazione di natura opportunistica, inevitabile in qualunque alleanza di governo, la schietta presa di posizione di Borioli mi sembra piuttosto efficace per descrivere il diffuso sentimento di sconcerto che, a tutti i livelli, serpeggia nel Pd, nei confronti di una coabitazione con un non partito che si sta rivelando impossibile. Altro che alleanza organica di natura strategica, dunque! Così come l’incauto e irresoluto Nicola Zingaretti sbandierava solo fino a poche settimane orsono. Oramai è evidente a tutti che non ci sono più le condizioni minime per tenere in piedi una maggioranza, in verità, nata già morta principalmente perché basata su una conventio ad excludendum contro la Lega di Matteo Salvini e priva di alcuna reale progettualità politica.
In questo senso le parole dell’esponente Dem servono solo a mettere nero su bianco una condizione di rottura irreversibile che è già nei fatti. Allo stesso modo, Borioli indica il momento più ovvio per far cadere l’attuale Esecutivo senza perdere la faccia, dato che proprio su questo passaggio si era giustificata la nascita dell’alleanza contro natura tra Pd e M5S: un attimo dopo l’approvazione della legge di bilancio e non un secondo di più.
Tutto questo, come mi trovo a ripetere da tempo, non solo rientrerebbe nei più ovvi interessi della più rilevante forza della sinistra, ma soprattutto renderebbe un notevole servizio alla collettività, mandando a casa un gran numero di spocchiosi dilettanti allo sbaraglio i quali, sebbene stiano letteralmente precipitando nell’opinione dell’italiano medio, rimangono la principale compagine parlamentare e, proprio a causa di ciò, rischiano di produrre ulteriori danni ad un sistema di per sé già abbastanza disastrato. A tal proposito dopo la lunga sequela di sciagure che hanno caratterizzato tutti i dossier curati direttamente dai pentastellati, dall’Ilva ad Alitalia, dal caso Atlantia ai danni prodotti dal cosiddetto Decreto dignità, dal caos del Reddito di cittadinanza a quello che si sta creando nella giustizia con la sciagurata Legge Bonafede sulla prescrizione e quant’altro, non credo che in Italia siano rimasti in tanti a voler ancora sperimentare le catastrofiche doti di ignoranti improvvisatori espresse a piene mani da questa gente. Dopo simili prove, l’unico antidoto democratico alla preoccupante deriva grillina è solo quello rappresentato dal voto anticipato. Il resto è poi ancora tutto, ma proprio tutto da vedere.
di Claudio Romiti